C’è chi entrava con un ballo. Il rito d’iniziazione si è trasformato nei secoli. Nel mondo degli adulti ultimamente si è entrati sparando in terra lontana a gente inerme la cui unica guerra era quella straordinaria per la sopravvivenza giornaliera.
Will Andrews, anno domini 1873, arriva in un buco del Kansas. Un’unica strada sterrata puntellata ai lati da sei baracche. Qualche tenda in là e il paese è bello costruito. Butcher’s Crossing.
Will viene da Boston. Neolaureato, elegante, bello come solo i giovani sanno essere. Ha fame di terre selvagge. Prima che arrivi la ferrovia a scalzare quel mucchietto di legno e polvere e fare della frontiera un mito. Ci arriva Will.
Ci arriva e si iscrive a fare il quarto. Il quarto di un gruppo che consta di: uno sparatore, uno scotennatore, uno in corvée. La caccia è al bisonte. Bisogna portare a Burcher’s Crossing più pelli possibili. E con loro, un uomo nuovo, uscito dalla vecchia pelle del ragazzo che ancora lancia gli occhi così lontano da voler coprire il mondo intero.
La spedizione dura molto più del previsto. Le stagioni giocano brutti scherzi. L’approssimarsi alla pianura è lungo. Will sente il sibilo lamentoso dei suoi polmoni mentre respirano l’aria. Aria immobile come il terreno che camminano quando c’è da tirare i carri. È martoriato dalla sete, come i compagni di ventura, i cavalli e i buoi. Rantola cercando ossigeno, le ossa sembrano schiacciate dal peso dell’intero corpo, la carne è un cimitero di spilli.
Ma poi la caccia è proficua. Will impara. Impara che deve centrare la bestia al cuore. E, se non è possibile, alle viscere. Morirà più lentamente, ma non farà molti passi da dove sarà stata colpita.
Impara a individuare il capobranco e a ucciderlo subito. La sua pelle piena di cicatrici non vale un accidente, ma senza di lui il branco è fottuto. Così ne cadono a decine in qualche minuto. Impara a scuoiare. I tagli alla pelle che si apre come si apre un cappotto e i pezzi di quei corpi che restano in mano dal corpo principale come se fossero già bolliti.
Lo scuoiatore di mestiere ne sveste sei quando lui ha appena finito di togliere il primo manto. Ma Will imparerà meglio. Perché prima deve combattere lo sconvolgimento che gli dà tutto quel sangue. Un attimo prima aveva visto l’animale pieno di vita rigogliosa e fiero nel suo semplice stare sulla terra. Un attimo dopo è irrigidito su un fianco, occhi vitrei, bolle di sangue dal naso, smorfia sul muso che schiferebbe anche la morte.
Will è solo. È solo di una solitudine che lo permea come un ronzio caricato. Incapace di reagire in mezzo a uomini esperti. Ma poi impara. L’abilità gli scende nelle mani, le domande si scolorano e con esse l’intero lavorìo della mente. Crescono i capelli, la barba, i vestiti si attaccano giorno dopo giorno alla pelle, il naso non distingue più tra la puzza del bisonte e la propria, lo stomaco continua a triturare carne e fagioli, la fantasia di un tempo diverso non fantastica più.
Non più settimane. Ora sono mesi. Quando il cielo lo autorizza il ritorno a casa. Il gran carico di pelli lo verranno a prendere una seconda volta. Ora lo nascondono in montagna. Ma il ritorno ha un’ultima discesa negli inferi. Qualcuno rimane sotto. E con lui lo sforzo di tanta sovrumana fatica. C’è sempre la riserva lasciata indietro. L’incasso è al sicuro.
Ma non è più un paese Butcher’s Crossing. Ha incominciato la trasformazione. Presto diventerà un mucchio di rovine. Wille e gli altri sono già vecchi arnesi. Le pelli non le vuole più nessuno. La pelliccia di bisonte è superata. La posseggono tutti ormai. Come i cappelli, i guanti. Il mondo li ha superati senza che loro potessero accorgersene, troppo impegnati a faticare per alimentare quello vecchio.
Uomini inutili i professionisti della caccia al bisonte. Terra inutile Butcher’s Crossing. Il nuovo ordine mondiale ha deciso di partire proprio da qui. In sella al suo cavallo quel giovane non più giovane uscito come una crisalide dal primo rito iniziatico deve battezzarsi per il secondo. Da solo questa volta. Aperta, davanti a lui, la campagna. Deve solo stringere le redini e sfiorare col tacco i fianchi dell’animale. Per dove ne è all’oscuro. Gli verrà in mente nel corso del giorno.