Bel-Ami ovvero la nascita del Potere moderno

hdhhdhyjDell’età aurea della letteratura francese del XIX secolo a Guy de Maupassant non viene riservato un posto nel tavolo di prima fila. Se ne riconosce la grandezza, ma lo scrittore di Tourvillr-sur-Arques (1850-1893) viene di regola citato dopo Gustave Flaubert, Victor Hugo, Stendhal e Honoré de Balzac.

Eppure è di diritto uno dei padri del racconto moderno. Portatore di una visione dolorosa e nera della realtà, con il suo stile sobrio ci ha lasciato indimenticabili pagine su meschinità, ipocrisia e trasformismo delle classi che non dovevano combattere ogni giorno per un desco accettabile e un tetto sopra la testa.

Senza l’impegno profondamente politico di Hugo, il romanticismo critico di Stendhal o la visione universale dell’essere umano di Flaubert o Balzac, gli esemplari sociali di Maupassant sono giunti a noi mantenendo intatta la drammaticità espressiva con cui l’autore li mise su pagina e l’intreccio narrativo di cui sono protagonisti.

Più portato a scrivere racconti e novelle che romanzi, per il consueto beffardo circolo del destino è proprio un romanzo a renderlo ancor oggi immediatamente individuabile nel Grande Libro della letteratura mondiale.

Couverture_de_Bel-ami,_éditions_Flammarion

La scalata dell’arrampicatore

Bel-Ami è il suo passepartout. Inizialmente pubblicato a puntate nel 1885 sul quotidiano Gil Blas, è il secondo romanzo di Maupassant, dopo Una vita di un paio di anni prima. La traiettoria umana e sociale di Georges Ducroy, detto appunto Bel-Ami è materia bruciante. Ridotta ai minimi termini: la storia di un figlio di contadini della provincia francese che, a Parigi, dopo un passato da soldato in Algeria, coglie l’attimo per non dover più sbarcare il lunario e, diventando giornalista, riesce ad arrampicarsi verso le vette più alte della società mondana calpestando ogni vita gli si ponga accanto come ostacolo.

Il suo traguardo non è solo il già ostico raggiungimento di una posizione sociale elevata, ma il riconoscimento di un ruolo fondamentale per l’intera vita politica e collettiva francese. “Si respira aria di morte in questo romanzo che celebra e premia le forze più istintive della vitalità”, scrisse l’emerito accademico Giovanni Bogliolo in sede d’introduzione a una edizione Mondadori del libro.

Agli amanti della lettura che non lo conoscono l’ovvio consiglio di farselo proprio il prima possibile. Non si può morire senza averlo letto. Per chi lo conosce, una riflessione su uno snodo del romanzo che, per chi scrive, racchiude un’intera visione dell’autore sui tempi a venire.

Le stanze in fiamme di un’intera società

Nel finale della partita si sposta il punto di osservazione di Maupassant. Georges Duroy “Bel-Ami” smette di essere l’archetipo dello scalatore arrivista esclusivo a se stesso. La sua parabola esce dalla sfera fsdpersonalistica per tradursi in un modello di comportamento che racconta della caduta di una società intera, che ha iniziato a perdere, più gravemente di quanto aveva fatto la rivoluzione industriale inglese, quel minimo di umanesimo che le resta per eleggere a totem le condotte più egotiste dei singoli, purché finalizzate alla presa di un qualsiasi ruolo di potere.

La vittoria finale di Bel-Ami ci dice che l’autore passa dalla sua stessa creazione letteraria all’intera società francese di fine Ottocento. Questi, in altre parole, sono i primi clamori di un cambiamento epocale, tempi che permetteranno a un uomo che non ha mai annusato il clima del Potere, non soltanto di scalare i gradini del consenso sociale arrivando a diventare un benestante in grado di soddisfare i suoi piaceri più torbidi, ma di arrivare a essere proprietario delle chiavi dei più alti ruoli politici, economici e finanziari.

Quest’uomo sbucato dal niente, diventato giornalista per grazia ricevuta, è riuscito a mettere le mani sulla più grande concentrazione di denaro della città di Parigi, è riuscito a far cadere un ministro e con ogni probabilità avrà di noi le prove dei nostri comportamenti più inconfessabili. Meglio entrare nel suo cerchio magico. Questo teme il tradizionale circolo dei potentati rispettabili.

Basteranno volontà, cinismo e arrivismo di un singolo individuo disposto a tutto per dimostrare quanto la secolare architettura dell’aristocrazia francese è friabile. La nuova sfida ormai sarà: valori morali, seppur discutibili, contro assenza di ogni valore. E il Potere è lì, pronto a essere preso a piene mani.

bel-ami

Una macchina da guerra

Anticipando I Buddenbrook di Thomas Mann (1901) e Il giardino dei ciliegi di Anton Checov (1903), Guy de Maupassant ci annuncia che il secolo che sta per arrivare, il Ventesimo, sarà caratterizzato dal rifacimento del profilo stesso dell’uomo al vertice più alto di ogni successo e con lui delle classi dirigenti a venire. E preconizza la nuova formazione stessa di queste ultime: più agenti che sapienti, volte alla distruzione fisica e morale dell’avversario per affermarsi, spinte da una prepotente febbre di invincibilità. Quello che fa ed è il suo Bel-Ami, una macchina da guerra (dis)umana che va ben oltre la logica machiavellica. La sua sola incosciente spregiudicatezza, alimentata dalla più acuta e finissima furbizia ha messo al tappeto un mondo secolare. Lo ha messo al tappeto combattendo a mani nude.

Le ceneri del passato

Guy De Maupassant
Guy de Maupassant, (1850 – 1893).

Ma Guy de Maupassant non ci lascia soli con il suo Bel-Ami trionfante. Se stiamo attenti fino alla chiusura ci dice che non dobbiamo necessariamente essere spettatori inermi e svuotati. È con l’ultimo periodo che si mette infatti a stringere le mani del lettore per tenerlo in piedi. Il trionfatore infatti viene per la prima volta colpito da un refolo del suo più recente passato, quando ancora tutto girava in maniera diversa. Non può certo tornare a quei giorni, ma chissà che non siano quei giorni a tornare in lui riportandolo in carreggiata.

Con qualche scheggia passata di pietà umana, Bel-Ami potrà ancora salvarsi. Non il Novecento.


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