Dentro un libro con Seba Pezzani – 5 Il buio oltre la siepe (Harper Lee)

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Il romanzo perfetto, lo definisce Seba Pezzani. Il buio oltre la siepe (da noi edito da Feltrinelli) di Harper Lee (1926-2016) è una storia transgenerazionale arrivata a noi per l’universalità del tema e per una scrittura non conosce la polvere del tempo. Se il naso non mi tradisce lo sarà, per il verso peggiore, ancora per anni.

Perché al centro si scuote come una feria affamata il tema del razzismo. Nella sua versione più atroce. La scrittrice dell’Alabama, sequel messo a parte per un attimo, entrò nell’Empireo della letteratura un anno dopo la pubblicazione (1960) vincendo il Pulitzer per la narrativa. Ed entrando nelle case di milioni di lettori. Che poi ebbero la possibilità di apprezzarlo anche nella sua trascrizione cinematografica firmata da Robert Mulligan già nel 1962, con un inarrivabile Gregory Peck. Il film vinse tre Oscar.

Che cosa di questo romanzo ti colpì per volerne oggi parlare?

Tutto. La storia, la tensione emotiva, le tematiche sociopolitiche, lo stile e la forza dei dialoghi.

Quando lo scopristi?

Da bambino vidi il film, che mi spaventò a morte per via di Boo Radley. Il libro lo acquistai adulto, sui 35 anni d’età, e lo lessi in inglese.

Che effetto ti fece?

Mi parve il romanzo perfetto. Dentro c’era tutto: la storia thrilling, il romanzo di formazione, una lucida analisi sociopolitica della situazione del Sud degli Stati Uniti.

sebaLo consideri un romanzo di formazione?

La risposta precedente direi che lo testimonia. Ma voglio aggiungere che a rendere straordinaria questa storia è proprio il romanzo di formazione che ne permea ogni singola riga. Si provi a immaginare Il buio oltre la siepe senza il personaggio di Scout e quello di suo fratello. Io ho chiamato Scout la mia gattina nera, per intenderci…

Il Male qui ha il volto del razzismo. Concesso sia possibile farne una scala, quello più orribile, lo strange fruit cantato da Billie Holiday. Il crimine in cui non è possibile individuare un singolo responsabile. Lo leggiamo a distanza di tanti anni principalmente perché narra una storia che ancora ci chiama in causa per la sua universalità o ritieni che lo spessore letterario è tale da non farlo considerare un romanzo datato?

Non è minimamente un romanzo datato proprio perché non c’è una parola fuori posto. Va detto che, avendolo letto in lingua originale, il ritmo e il suono delle parole sono ancor più straordinari, profondamente intrisi di cultura del Dixie, nel bene come nel male.

Che cosa pensi della scrittura di Harper Lee?

In questo romanzo è quasi imbattibile. Sono davvero pochi i romanzi che rasentano la perfezione. Il buio oltre la siepe lo è. Non c’è mai autocompiacimento e le pagine scorrono a meraviglia.

Nell’unica intervista di cui abbiamo conoscenza, la scrittrice disse che la spinta a scrivere Il buio oltre la siepe

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La scrittrice Harper Lee

nascondeva la volontà di diventare la Jane Austin dell’Alabama. Ci è riuscita?

Io credo che abbia fatto anche meglio: è riuscita a legare un unico romanzo a un mondo intero, quello del Sud degli Stati Uniti e non solo dell’Alabama.

Basta un romanzo per considerarla una delle grandi voci del romanzo americano?

Sì, se il romanzo è di quel livello.

La vicenda è narrata da Jean Louise, per tutti Scout, che, a distanza di tempo, torna a rivestire i panni di quel che fu da bambina. Questa scelta cosa offre, e magari cosa toglie, rispetto a una narrazione di un invisibile narratore?

Io credo che non tolga nulla. In fondo, molte delle storie classiche più belle mai scritte in America hanno per narratore un bambino che rivisita un passato lontano.

il-buio-oltre-la-siepeLa figura dell’avvocato Atticus Finch svetta su tutto e tutti. Lui è il codice minimo del rispetto che ogni essere umano dovrebbe mostrare verso l’altro. Nel successivo Va’, metti una sentinella, la figlia Jean Louise lo scopre uomo un po’ differente: non più l’eroe senza macchia della tolleranza e del coraggio per una società più civile, ma figura più complessa che vive anche grazie a compromessi che ritiene inaccettabili. Tu come la inquadri?

Non ho volutamente letto Va’, metti una sentinella, per non incappare nel rischio di rimettere in discussione la grandezza assoluta de Il buio oltre la siepe, ma credo che uno dei punti forti del romanzo sia il suo manicheismo: inutile cercare sfumature di bene in un mondo dominato dal male della segregazione e del razzismo. Si può raccontare una storia straordinaria anche essendo manichei. È ancor più difficile e, dunque, il valore di Harper Lee cresce.

In una recente intervista che mi ha concesso, Joe R. Lansdale ha preso una dura posizione verso il politically correct da taluni preteso anche nella scrittura di un romanzo e, tra gli esempi fatti, ha citato il termine “negro”. Nei due romanzi di Harper Lee questa parole appare un’infinità di volte e nelle ultime edizioni italiane di nigger

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Lo scrittore Joe R. Lansdale

è data la traduzione letterale. Nessuna concessione a traslazioni più contemporanee come “nero”, “di colore” o “afroamericano”. Qual è la tua posizione?

Posto che oggi non userei mai la parola nigger, negro, dipende tutto dal contesto e dallo scopo. Se un autore la usa per rendere ancor meglio l’idea dell’ambiente che l’ha partorita e per il quale tale parola, pur sapendone la valenza di epiteto, è la norma, non trovo nulla da ridire. L’importante è che sia usata coscientemente e non per tradire un latente senso di superiorità. Nel caso di Joe Lansdale, so bene che non è razzista e che la sua consapevolezza del problema è massima. Dunque, non ho dubbi sul fatto che l’abbia usata e la usi per rendere più realistici determinati dialoghi. A un buzzurro bianco degli anni Trenta non sarebbe mai passato per la testa di riferirsi a un afroamericano chiamandolo tale o cercando altre varianti più o meno attenuate.

16-buio-oltre-la-siepe-62-1024x806-1024x675A proposito di Lansdale, quanto e come questo libro ha influenzato In fondo alla palude?

Tanto ma non tanto quanto ha influenza il suo La sottile linea scura, un vero e proprio tributo dichiarato al capolavoro di Harper Lee.

Che cosa pensi del film che ne fu tratto?

Bellissimo, con uno straordinario Gregory Peck nei panni di Atticus Finch.

Hai mai avuto occasione di parlare de Il buio oltre la siepe con i tuoi amici scrittori americani?

Succede quasi sempre, perché non me ne viene in mente uno che non lo consideri uno dei migliori libri americani in assoluto.

Il titolo originale e la sua tradizione in italiano contengono un aspetto interessante. Quello italiano esprime una 516IbJ592JLmetafora che riprende un elemento del libro. Boo Radley è il vicino dei Finch, una presenza che Scout e il fratello Jeremy non hanno mai visto, ma che temono perché appunto è misteriosa. Una siepe separa la casa dei Finch da quella dei Radley. Oltre c’è l’ignoto, l’oscurità e ciò che è sconosciuto genera paura e la paura è madre del pregiudizio. Il titolo originale è To kill a mockingbird, uccidere un tordo. Uccidere un piccolo uccello inoffensivo e dal canto melodico è un’azione crudele, atroce e insensata. Che idea ti sei fatto di questi due titoli?

Il titolo originale sarebbe stato intraducibile. Per una volta, chi ha pensato al titolo con cui è noto al pubblico italiano non ha fatto danni.

Il romanzo è ambientato in una piccola comunità dell’Alabama, terra che mi riporta sempre alla mente la polemica a distanza tra Neil Young e i Lynyrd Skynyrd a causa del duro brano Alabama del cantautore canadese. È stato davvero questo lo Stato più razzista e conservatore dell’Unione?

SweetHomeHeroUno dei più razzisti, ma stabilire dei primati in questo caso è una gara durissima. Certo, se si vuole pensare a uno stato più progressista e avanzato socialmente, non è l’Alabama il primo candidato.

Come si situa oggi l’Alabama in tema di razzismo e conservatorismo dei costumi?

Credo che debba fare ancora tantissima strada, come peraltro molti altri stati del Sud. È pure vero, come sostiene spesso lo stesso Joe R. Lansdale che, in quanto del Texas Orientale si considera sudista, il problema al Sud era più radicato e, dunque, si è iniziato ad affrontarlo prima.


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