Lula era arrivata a ottanta. Sailor erano quasi diciotto che se ne era andato grazie a un imbecille su un pick-up Apache che gli aveva tagliato la strada. Lei nel frattempo si era lasciata un po’ trasportare dal tempo, un pochettino forse anche vivere, ma senza mai spegnere qualcosa che fosse in qualche modo la sua vita. Sempre bella. Se ci fosse stata Miss Ottuagenaria non avrebbe avuto concorrenti. Con quelle gambe ancora perfettamente lunghe e magre e quel culo che la sua amica Beany non ha mai smesso di lodare.
Tre volte aveva aspettato che Sailor uscisse di prigione. E si sarebbe fatta trovare all’uscita fossero state trentatré. E si è fatta trovare puntuale all’arrivo della Grande Signora, distesa mentre dormiva. Con i suoi capelli lunghissimi ora neri. I grandi occhi grigi che sulla tela sarebbero stati il colore perfetto per chi avesse voluto disegnare un cielo di mezza estate giusto poco prima della pioggia.
Avete presente? Poco prima che il pomeriggio diventi sera. Ora quel pomeriggio era finito. Si erano chiusi tranquilli come l’aria che si fa soffice. A guardarli non ci si voleva credere. Ma tutti giuravano aveva già preso per mano Sail. Che questa volta era lui lì ad aspettarla. Lei a ringraziarlo e lui a rassicurarla: «Non ci pensare, nocciolina». Ci scommetto, insieme stanno ancora scuotendo i pilastri del cielo.
Negli ultimi tempi non amava parlare al telefono. Perché per lei il telefono in mano rimanevano solo quei pochi minuti quando tra lei e Sailor c’erano le mura del carcere. Che forza è stata Lula. Più potente di qualsiasi antifurto e oggettorompiqualcosa. Capace di esserci sempre e di regalare attenzioni agli altri senza rimanerne fregata più di tanto. Lo sa bene suo figlio Pace, anche lui oramai con una carta d’identità che sta progressivamente invecchiando.
Una preghiera per cuori selvaggi, Lula. Tennessee Williams si sarebbe innamorato di lei al punto di adorarla così nel profondo da decidere di non far uscire il libro per non dividerla con nessuno. Ma lei scese dalle dita di un altro Autore. Che ci ha dato sette romanzi prima di farla salire nell’universo espanso. Forse se la stanno contendendo ancora Dio e Satana. Lula non fu una santa, questo lo sappiamo. È semplicemente stata democratica, facendo entrare in lei luce e oscurità in egual misura, senza favoritismi.
Tanto questo tempo quaggiù vale la pena seguirlo solo se si abbraccia la causa in toto. Allora perché essere solo operaia quando puoi essere anche diva? Per cosa rimanere crocerossina nelle ore di pausa quando hai tutto per essere serpe? L’amore può portare ovunque e tutto conquistare, no? Allora, se tutto ciò è vero, non importa il vestito che si indossa per l’occasione. È sufficiente essere accecati dall’amore per vedere più lungo e più a lungo.
Lula ha evitato di fare come chi resta tacchino e non smette di dire che vuole volare. Lei si è sempre presentata per il volo. Lula è stato questo. La più forte di tutti. Di ogni coraggio o incoscienza che progettava rapine, di ogni pallottola che le difendeva. Di ogni disegno familiare che la prevedeva da un’altra parte e con altri protagonisti. È stato il porto, la memoria di vita, la follia della fuga, il sapore acre della sensualità più spedita che picchia il cervello, il sesso che frusta l’anima, la madre-compagna, la figlia dentro cui non riesce a specchiarsi la madre. La moglie di Sailor. La donna di se stessa.