Nel 1864 Fëdor Dostoevskij non è ancora Fëdor Dostoevskij. Ha già pubblicato Umiliati e offesi e Il sosia, ma non ancora Delitto e castigo, I demoni, L’idiota e I fratelli Karamazov.
Nel 1864 Fëdor Dostoevskij però scrive e dà alle stampe Memorie dal sottosuolo (o Ricordi dal sottosuolo o ancora Memorie dal sottosuolo). E il mondo non sarà più quello di prima. Pure Dostoevskij non sarà più lo stesso di prima. Perché appunto ora avrà i mezzi per dare alla luce la quadrilogia che in veste letteraria esporrà alle intelligenze terrestri dei secoli a venire la discesa filo a piombo in quel magma chiamato enigma umano.
Memorie dal sottosuolo è una radiografia che getta una luce obliqua sul calante primo secolo della modernità, sempre beato nel vedersi riflesso negli specchi della ragione e del progresso scientifico, dando nello stesso tempo prima forma e colori madre al totem umano che farà la fortuna di politici e analisti psicologi nel successivo.
La voce narrante confessa cos’è il sottosuolo dello spirito, cosa si trova in esso e cosa significa viverlo. Quali le dinamiche che lo alimentano e le esperienze degradanti che impone all’uomo. Perché il sottosuolo non è soltanto un’espressione geografica dell’anima. Ma un Dio. Un Dio che impone il rispetto di ciascuno dei vizi capitali della dottrina cattolica.
Se anche il romanzo (come genere) avesse una portata puramente letteraria, Memorie dal sottosuolo avrebbe il merito di aver generato l’archetipo del protagonista nella letteratura moderna in Occidente, da cui una pletora di figli, nipoti, pronipoti e bastardi: il controeroe che vive solo in quanto riesce a esternare il suo sentire interiore, non possedendo la minima capacità di azione sociale con cui interessare chi si ferma, apre il libro e si mette a leggerlo.
Il sottosuolo ci dice che l’uomo ha un cervello, un cuore, un sesso e uno stomaco. E quasi mai il primo è l’organo predominante. Soffre e fa soffrire, quando non è malvagio è comunque il ritratto dell’abiezione, tende a escludersi dall’ambiente in cui vive, ma di sovente finisce con l’imporre la pena della sua presenza agli altri.
L’attacco del libro è fulminante:
Sono un malato… Sono un malvagio. Sono un uomo odioso. Credo di aver male al fegato.
Si può chiedere di più alla perfezione?
Ascoltiamo il protagonista. Nella lunga parte introduttiva si presenta e lamenta il fatto di non aver fatto nulla nella sua vita. Non è riuscito a diventare neanche il più modesto qualcuno. Nemmeno un insetto (cinquant’anni dopo un suo eponimo sì che ci riuscirà). Si consola affermando di vivere un tempo in cui un uomo intelligente non può aspirare a niente perché solo gli sciocchi diventano qualcosa. Ha quarant’anni e ritiene indecoroso che un uomo raggiunga quell’età.
Ma come si affronta il sottosuolo? È generoso il narratore nel parlare di se stesso. È sufficiente essere come lui: permaloso come un gobbo o un nano, diffidente, malvagio, abietto, orgoglioso, colpevole, pieno di sé (sono più intelligente di tutti quelli che mi circondano), vendicativo, menzognero, ingrato, scostumato, irragionevole, cupo, disordinato, solitario, amante della sua stessa sofferenza, campione del galleggio nel brodo dell’umiliazione. Avete preso nota?
Per perfezionare il dipinto si prega di inserire: codardia d’espressione, volgarità nei lineamenti del volto, spossante riflessione sulla causa prima della propria natura che ha l’effetto di legittimare la più totale inerzia, disprezzo e odio verso i colleghi che al tempo stesso infondono paura per la loro (mai provata) superiorità, passato derisorio da parte dei compagni di scuola.
C’è un fuoco poi a cui non si può resistere. Quando la sera ci si annoia, non visti da anima viva, è doveroso lasciarsi andare a una meschina licenza, sorella del libertinaggio, ma più sordida e oscura. Passioncine condite con slanci isterici, lacrime e addirittura convulsioni. Gustose porcherie fatte con paura e senso di vergogna a cui abbandonarsi come una maledizione.
Questo il sottosuolo dell’anima da cui erigersi come un despota. Questo l’uomo moderno universale. Quello che popolerà il mondo a venire e ne farà massa. L’uomo che, avendo davanti un bicchiere di vino, lo butterà giù tutto in un sorso perché prima la sete poi le maniere, e non ci penserà un secondo a sorseggiarlo come la classe impone. L’uomo che formerà i battaglioni e se finirà nei gulag o nei campi di concentramento non sarà certo per le sue idee. L’uomo che senza una voce altrui che si faccia largo nel suo orecchio si smarrisce, si confonde su cosa vale la pena amare e cosa disprezzare. L’uomo che, privo della disgrazia di essere abbastanza buono, non è dotato del privilegio di essere abbastanza cattivo. L’uomo che non sa che farsene del corpo che abita e ha paura del suo stesso sangue. L’uomo che vive aspettando di diventare astrazione perché, da qualunque angolo guardi la sua esistenza, è nato morto da padre non vivo. La cospirazione contro la razza umana la chiamerà centocinquant’anni più tardi Thomas Ligotti.
Questo il frutto di tanto magno albero. Se invece ci interroghiamo su tanta magna ispirazione possiamo incominciare col raccogliere le parole di Nikolai Strakov, amico (poi ex) dello scrittore russo: «Dostoevskij è un uomo cattivo, invidioso e basso». Un uomo che guarda la vita dal basso quindi. La prospettiva da cui è più facile dividere l’essenziale dagli orpelli per poi decidere cosa afferrare e cosa lasciar perdere. La Storia è maestra di altissimi uomini brevi.
DOSTOEVSKIJ, THE WICKEDNESS AND THE UNDERGROUND THAT ROLLS ON GROWING
In 1864 Fëdor Dostoevskij is not Fëdor Dostoevskij yet. He’s already published Humiliated and insulted and The double, but not Crime and punishment, Demons, The idiot and The brothers Karamazov yet.
But in 1864 Fëdor Dostoevskij writes and releases Notes form underground. And the world won’t be the same anymore. Neither Dostoevskij won’t be the same. Because by now he’ll have the instruments to give light to the quadrilogy that will light up his huge slope into that magma known as human enigma.
Notes form underground is an x-ray that puts a sinister light to the first century of modernity, so strongly optimistic in its belief in the human reason and scientific reason, a book that gives the first shape and colours to the new human being of the forthcoming one.
The voice-over confesses what soul’s underground is, what it’s to be found in there and what living it means. Which the dynamics that nourish it and the humiliating experiences it imposes to man. Because underground it’s not only a geographic place of the soul . It’s a God. A God that dictates the respect of each deadly sin of Catholicism.
Even if the novel (I mean the genre) had only a literally authority, Notes from underground would have the credit to generate the prototype of the main character in the Western modern literaure, giving birth to endless sons, daughters, grandchilren and bastard descendants: the antihero with something to tell coming from his inside and no quality of action, creativity and bravery.
The underground tells us that human being possesses a brain, a heart, a sex and a stomach. Almost never the first one is the prevalent organ. He suffers and hurts, an evil creature portrait of vileness.
The first line of the book is fulminating:
I am a sick man…I am a spiteful man. No, I’m not a pleasant man at all.
May we ask something more to perfection?
Let’s listen to the main character. In the long first part he presents himself complaining that he didn’t do anything in his life. He didn’t become anything. Neither an insect (50 years after a “colleague” of him will succeed in it). He just finds a consolation asserting that those are times in which a clever man can’t strive for nothing and only the fools can do it.
Which the weapons to face the undergoround? The voice-over is so generous to give something of him. It’s enough to be like him: touchy, distrustful, evil, despicable, shameful, proud, sinner, guilty, full of himself, vengeful, liar, ungrateful, ill-mannered, unreasonable, gloomy, messy, lonely, isolated, lover of his own pain, able to swim in the swamp of humiliation. Did you take note?
Just to improve the picture, pleas add: craven glance, vulgar features, hyper-reflection on own nature that leads to a complete inactivity, total scorn to his colleagues and, at the same time, being overawed by them, a difficult past with schoolmates that never stopped mocking him.
Them there’s an irresistible fire. When, at night, unwatched by anyone, he gets bored, it’s necessary to lean on a miserable licence, close to philandering only a little bit more dark and sordid. Some tasty sleazes to whom laying like a curse.
This is the underground of the soul in which emerge like a despot. This the universal modern man. The one who’ll inhabit the planet composing the mass of it. The one with no class style at all. The one who’ll assemble the battalions and that if end his days in a gulag or in a concentration camp it won’t be for his ideas. The one who with no suggestion doesn’t know what it’s worth loving and what worthless. The one who doesn’t recognize his own body. The one who was born dead. The Conspiracy against the Human Race would call it Thomas Ligotti nearly 150 years after.
This the fruit of the golden tree. And if we wonder about tha magnificent inspiration we could start by picking up Nikolai Strakov’s words on the russian writer. This former friend of him said: «Dostoevskij is a bad man, resenting and short». A man who watch life from below. The perspective from which is easier to separate the essential from the ornament, deciding what is to grab and what is bette to leave. History is a master as far as very high short men are concerned.
Grazie, una bella descrizione!
È uno dei libri più taglienti che io conosca. Ci è veramente concentrato tanto di quello che verra sviluppato nei successivi 5 romanzi secolari.
È un libro che adorò, tant’è che ho raccolto i pensieri più belli estratti da “Memorie dal sottosuolo” qui: https://noscesauton.wordpress.com/tag/memorie-dal-sottosuolo/