Céline e il viaggio di una notte che non è mai terminato

01Prima di essere considerato un reietto della civiltà. Più di Jünger, più di Malaparte. Prima che i vincitori pretendessero, non in senso metaforico, la sua testa. Prima che i suoi scritti fossero messi all’indice con la più infamante delle accuse. Monsieur Destouche era da poco diventato Louis-Ferdinand Céline. Il suo Voyage au bout de la nuit aveva fatto il crack in Francia. E il seguito, Mort â crèdit , aveva testimoniato che si trattava proprio di scrittore da Pantheon.

Il Voyage (uscito nel 1932) fu la vera bomba atomica della letteratura. Un romanzo… sì, anche un romanzo se proprio ci serve una definizione tradizionale. Disperata visione di un sistema organizzato del vivere, appassionato e pietoso verso il viaggio dell’umanità, meno comprensivo nei confronti dei suoi protagonisti, affamati di catastrofi e innamorati di massacri. Un testo che risultò comunque indigesto, un linguaggio orale tradotto in parola scritta grazie a una serie di intarsi narrativi, periodi che si rompono nel bel mezzo, frasi deformate che creano sospensione, dialoghi di cui si percepisce il suono con cui furono emessi nella testa dell’autore. Una lingua dilatata che però non risulta mai incomprensibile.

Una visione dei reietti raccolta abbassandosi al loro livello senza mai idealizzarli. Un testo che si guadagnò l’attenzione di anarchici, antimilitaristi e anticolonialisti, ma che subì il deciso 02respingimento della sinistra parlamentare perché in quelle pagine non c’era una riga una sul proletariato quale porzione d’umanità che, riscattandosi, avrebbe salvato l’intero genere.

Poi si sarebbe scatenato l’inferno. Il suo endorsment al nazismo, le deliranti pagine antisemite di Bagatelle per un massacro seguite da almeno due altri pamphlet corrosivi contro gli ebrei (L’Ecole des cadavres e Le belle rogne), l’arresto in Danimarca nel marzo 1945 con una richiesta di estradizione per tradimento e collaborazionismo emessa dai tribunali francesi per sua fortuna mai accolta. L’eroe del ’14-’18, ferito sul campo e medagliato, ora prostrato nel fisico in un carcere danese in attesa di chissà quali eventi. Chi si avvicina a lui rischia grosso della sua reputazione dalle parti di Parigi. “Quando si vuole far fuori il cane, si va a dire in giro che ha la rabbia. Io sono il finto cane arrabbiato della letteratura francese”, “Io non ho mai chiesto né la morte né l’arresto di un ebreo” scrive dal carcere e dall’ospedale alla moglie Lucette.

Ma torniamo indietro col film.

Il primo conflitto mondiale. Il cuore del Voyage.

08La guerra. Bisogna essere davanti a lei per scorgere la carogna che incarna, di profilo e di fronte. E quando verrà il nostro turno, scrive il narratore Ferdinand Bardamu, prima di tirare le cuoia dovremo aver speso tutte le parole che servono per descriverla. Perché la vera sconfitta è dimenticare che chi è crepato lo ha fatto senza motivo. Crepano i poveri. Non si è mai visto un figlio di ministro con la casacca della soldataglia.

Il suo racconto si fa gelido. Fucilare per tirare su il morale alla truppa, scovare il nemico e ucciderlo sul posto come timbrare il cartellino, trasformarsi ogni giorno in una carogna sempre un tantino in più carogna del giorno precedente, le gastriti che fanno grugnire la notte i commilitoni, l’ebetudine che li schiaccia come bambini impazziti, la malaria che strozza le vittime, intere squadre che si rotolano nel sonno tra mosche e parassiti che si depositano su ogni pelo, pulci che fanno il nido nel profondo delle piante dei piedi, masturbazioni che finiscono su lenzuola lerce, partite di scopone su letti pisciati, la distanza minima dalla bocca di chi gli parla perché ”il dentro dei poveri puzza già di morte”. Perché la guerra è scavare un tunnel come fanno i topi nei covoni, il modo più soffocante di fuggire dall’inferno.

Quando tutto finisce, e ancora i piedi e le gambe sorreggono dritte le canaglie che siamo diventati, facciamo i conti con la consapevolezza di quante persone non si muovono più nel nostro passato. Persone ancora vive che ormai hanno trovato il loro bello spazio nelle cripte del Tempo accanto ai morti. Dalle quali è impossibile distinguerli. Allora si è aggrediti da una nuova e perversa forma di amore sperimentata proprio tra le pallottole e sotto le bombe. Quella di scappare da ogni posto, convinti stupidamente di una superiorità per ferite acquisite che non ha il minimo senso di essere. Finché ci si stanca di camminare e continuare a trovare niente.03

Il ritorno alla vita, o quel brandello di pace umana e sociale scambiato per tale, ha il volto dele catene di montaggio della Ford a Detroit e poi di Parigi. Parigi… Non quella che ha riscoperto i teatri, la culla della letteratura e della pittura del nuovo Rinascimento venuto dagli States, ma quella delle periferie. Col grado di medico condotto dei poveracci, malati nello spirito ancor più che nelle carni, si muove Bardamu-Céline. Borgate che regalano la tubercolosi, villaggi che sorgono in mezzo a fango e immondizia dove le ragazzine lasciano la scuola per beccarsi la blenorragia sotto i colpi dei satiri, febbri che agiscono come la più invincibile cura dimagrante, sputi di sangue positivo che inacidiscono e rendono ancor più egoisti chi se ne libera senza curarsi di dove vengono fatti planare.

Cèline-Bardamu non fa distinzione di credo religioso. Ebrei e cristiani fanno lo stesso. Si china a curarli anche se non hanno monete sufficienti a pagarsi lo sforzo. Sa che non può fare altrimenti. Che non può permettersi di mollare la sua pena in qualche angolo della strada anche se per i suoi malati lui sarà sempre e comunque un’ombra che scivola nell’ignoto di un tunnel senza fine. La fatica non si paga con gesti di gratitudine. E comunque mai fidarsi che chi ha le camicie troppo pulite sia del tutto onesto.

04Si va avanti grazie alle parti basse dell’anima, anche se questo dovrebbe convincerci a non considerarci i figli più elevati del regno animale. Grottesca, sprezzante e puzzolente. Un poeta non troverebbe parole più appropriate per illustrare la natura umana. Per l’autore non si tratta solo di finzione letteraria, ecco perché il termine romanzo è impuro.

Eppure, a dispetto dell’agonia con cui vestiamo le ore che ci toccano, “agonizzare non basta. Bisogna godere mentre te ne vai, con gli ultimi rantoli devi godere ancora, giù in fondo alla vita, con le arterie piene d’urea”. Per evitare fino in fondo la commedia dell’infelicità, quella che “cerca di passare dalla vita nella stessa morte”. Anche se quest’ultima è l’unica verità. Per l’autore, giusto dopo essersi liberato dell’ultimo grano di merda che i nuovi potenti gli avevano tirato addosso.

 

CÉLINE AND THE JOURNEY INTO A NEVERENDING NIGHT

06Before being considered a pariah by the civilized society. More than Jünger, more than Malaparte. Before the winners would ask for his head, and not in metaphor. Before his books would be punished in a pillory because of the most infamous of the accusations. Monsieur Destouche had barely become Louis-Ferdinand Céline. His Voyage au bout de la nuit was still the crack in the contemporary French literature. And its follow-up, Mort â crèdit, had been the evidence that it was a Pantheon writer the one France was dealing with.

His Voyage (released in 1932) was the literature atomic-bomb. A novel… Alright, we could talk about a novel if we need a traditional definition. Despaired vision of the organized civil system of living, passionate and merciful toward the journey of the whole humanity, decisively less to the travellers, famished of catastrophes and in love of massacres. A text built by a verbal language translated in written word, full of sentences interrupted or distorted which create an astounding suspension effect, dialogues in which it’s possible to perceive the sound that brought them to life in the writer’s mind.

A book which got the appreciation by anarchists, anti-militarists and anti-colonialist but that was rejected by the left parties of the parliament because the working class was not the depicted as the one that would save the whole human genre.

Then all broke to hell. His endorsment to nazis, the anti-semite delirium inside Bagatelles por un massacre, his arrest in Denmark on March-1945, the extradition request by the french justice with the charge of treason and collaboration that would punished him with the death penalty. The ’14-’18 hero now bown down in a danish prison waiting for what none could imagine.

10Back to the whole movie. First World War. The Voyage heart.

The war. You have to look into its eyes to catch sight of the skunk embodied. And when our turn comes, the narrator Ferdinand Bardamu writes, we should have already spent all the words we know to describe what it really is because the real defeat is forgetting who kicked the bucket meaningless. The poors give up the ghost. Never seen a minister’s son wearing the favourite line soldier uniform.

His tale gets icy. No censorship upon what we wouldn’t face while eating. The smell, the taste, everything stinks normally in a outhouse or stands into a body. Because the war is digging a tunnel into the sheaves as the mice do. The most asphyxiating way to flee from hell. And when the hell comes to an end we realize how many people don’t move in our past time anymore. Living people who got their place in the crypts of Time close to the dead ones. We tend to run away from everywhere, silly persuaded to stand on a higher ground on account of the wounds got in the battlefields. Until we get tired of walking and going on to find nothing.

The return to life. Or the human peace scrap we confuse with life. And about the narrator it means the Ford assembly line in Detroit. Then Paris. Not the one who celebrates the new Renaissance of letters and painting due to those artists come from the States. He means outskirts and suburbs where a gift is called tubercolosis and another one blenorrhea. Cèline-Bardamu doesn’t care about the religious belief. Christians or Jewish don’t mean a difference. He bends over to try to heal them even though they got no money to pay the cure. He knows he can’t behave in a different manner. And he knows as well he’s a shadow for alla of them once they would get their health. The labour is not paid with gratitude. To the author is not pure fiction, for this reason the word “novel” is unclean.09

And yet, in spite of the agony we use to fill the hours that affect us, it’s not enough declining. We must relish even the moments of our last rasping breath. Not to ease the strain of death. Even though death is the sole truth. To the author, just barely flipped the last grain of shit that the modern mighty ones had thrown at him.


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