Il gol (senza necessità del Var) di Giorgio Simonelli

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Non sembra vero ma lo è: è esistito un calcio prima di Sky e Dazn. A confermarcelo è un delizioso testo che è un viaggio su come la televisione si è prima accostata al calcio e poi ne è diventata padrona (quasi) assoluta, permettendoci di incontrare di nuovo voci e volti che hanno fatto compagnia a generazioni e generazioni di tifosi.

S’intitola Quasi gol (Manni, pagg. 160, euro 15) e porta la firma di Giorgio Simonelli, celebre critico televisivo, cattedratico universitario in Storia della radio, televisione e del cinema, esperto a Tv Talk (Rai 3) e autore di un nutrito numero di pubblicazioni sul linguaggio dell’audiovisivo.

1F15DA96-2DCE-4E85-9360-B2807EA53E5FChe giudizio dà del cambiamento del calcio raccontato e parlato in tv: evoluzione o involuzione?

È un’evoluzione. Si partì da una situazione precaria e compressa e siamo arrivati a un’espansione enorme. Poi l’esagerazione dell’uso del mezzo ha portato anche a sacche involutive. Si è perduta ad esempio il sacro concetto della festività applicata al calcio, tanto caro al mio maestro Gianfranco Bettetini. La domenica era il gran giorno per tutti i tifosi. La tv ha portato a una ferializzazione dell’evento.

Cosa è oggi il racconto di una partita di calcio alla tv?

È un avvicinamento ossessivo dell’occhio umano all’azione. La parcellizzazione dell’intero in dettagli sempre più piccoli e sempre più vicini a chi guarda.

Un racconto pornografico quindi.

Sì, un riempire l’occhio del telespettatore con immagini anche ben poco usuali. E, a proposito dell’aggettivo da lei usato, si possono le tre epoche indicate da Giampaolo Ormezzano nel cammino umano: amore, erotismo e pornografia. Noi passiamo dall’una all’altra.

bruno 1Se rimpiangiamo le telecronache di Nando Martellini e Bruno Pizzul lo facciamo perché abbiamo nostalgia dei nostri anni belli o perché avevano una narrazione più composta e misurata?

Entrambe le cose. Nella prima però c’è una componente pericolosa, vale a dire l’abbraccio acritico di tutto il passato, anche dei misfatti.  Però è vero che, ad esempio, le telecronache di Bruno Pizzul erano un piacere per lo spettatore perché univano entusiasmo a partecipazione a originalità sintattica. Oggi con un forte eccesso d’enfasi nel tono della voce, ci si abbandona con eccesso alle ripetizioni e alle allitterazioni.

Salvo Sandro Piccinini e pochi altri oggi al giungere del momento culminante del gioco del calcio il telecronista non esclama più le parole gol o rete ma urla il nome del calciatore che ha segnato dilatandone le vocali. Anche questo è un segno dei tempi?

Segno di una moda. Uno dei primi, se non il primo, fu Fabio Caressa. È il scimmiottamento del modello sudamericano delle telecronache. Più di uno di loro si difende affermando che è inutile dire che è stato segnato un gol quando tutti hanno visto che un gol è stato segnato. Un ragionamento che ha una sua logica.

cose-e-come-funziona-il-var_1jpvyi3h29nlyzwodyv80pph1Che giudizio dà del Var e del suo uso nel racconto televisivo?

Di certo è stato un momento fondamentale, il mezzo che ha sancito la supremazia dell’immagine televisiva sulla stessa natura di una partita di calcio. Al di là degli aspetti tecnici che ci porterebbero lontanissimo, il Var ci ha regalato, a noi tifosi intendo, un enorme imbarazzo.

Imbarazzo?

Certo, è imbarazzante pensare quanto ormai la nostra esultanza al momento del gol della nostra squadra sia castrata dal dubbio che il Var possa intervenire. L’immediatezza dell’esultanza è un elemento fondamentale per chi guarda una partita di calcio. Il gol è felicità e la felicità o esplode o, se è controllata, non è più felicità. Una perdita mica di poco conto.

Francesco-repiceFacendo una breve deviazione nella radio: ascoltando Francesco Repice mi sembra di essere tornato alla mia giovinezza, una radiocronaca dettagliata con la giusta enfasi al momento del gol.

Le radio vivono un momento molto delicato. Una radiocronaca è ascoltata ormai solo da chi viaggia in autostrada e pochi altri. Va detto però che in questi ultimi tempi la radio ha accentuato il linguaggio che le è proprio senza mettersi a parodiare altri modelli di successo differenziandosi così dalla televisione. Quanto a Repice concordo con lei, valorizza molto bene i codici della radiofonia.

Per le nostre generazioni la Domenica Sportiva era come la messa alla domenica per un credente. Da tempo ormai questa trasmissione ha perduto il suo splendore. Ha ancora un senso?

Ha ragione però proprio quest’anno ha ritrovato la sua strada con un’edizione brillante. Ha accentuato il talk creando personaggi come Eraldo Pecci e Adriano Panatta. Soprattutto quest’ultimo. E la conduttrice distribuisce bene i ruoli della commedia.

Abbiamo perduto nel tempo un altro totem: Novantesimo minuto.

90Novantesimo minuto è gestito proprio male. Non funziona niente, dalla scenografia alla conduttrice (Paola Ferrari, ndt) che è un po’ permalosa e se la prenderà, agli esperti che non dicono che ovvietà. Nei tempi d’oro riuscì a mettere in scena l’Italia intera. Non prevalevano i grandi centri e quindi le grandi squadre ma città come Ascoli, Avellino, Pescara, Terni. Una vera commedia in televisione.

Nel libro lei dà un grande spazio a Quelli che il calcio. Possiamo parlarne come il gran canto del cigno della televisione che fu?

fazioFu un’invenzione straordinaria. Parlo delle prime edizioni ovviamente. Mise sul podio il tifoso comune, passionale, verace, qualunque fosse il suo rango sociale. Spesso alto, come nel caso del professor Renato Panconi, primario di pediatria a Genova. Un uomo che di professione s’impegnava a salvare i bambini e che la domenica si lasciava andare a comportamenti, come il gesto dell’ombrello, quando era a Marassi a tifare Sampdoria. Quei tifosi comuni assunti a protagonisti della trasmissione avevano poi un preciso valore informativo perché dalle loro smorfie lo spettatore capiva cosa era appena successo in campo.

Cosa ne pensa delle proposte di cambio del regolamento del gioco a cui sta pensando la Fifa per esigenze televisive tipo squadre da dieci, divisione dell’incontro in quattro micro tempi e aggiunta dei rigori a fine partita per dare un punto supplementare?

Le do un giudizio articolato: idiozie.

1661523032-skysport-seriea-diretta-3agiornataFacciamo un po’ di complottismo: la tv decide gli scudetti?

No, non decide gli scudetti. E come farebbe?

Va di moda la Marotta League con addentellati nelle sacre stanze dei network.

Ma non scherziamo. E lo dico da milanista. Ma quale Marotta League, siamo seri dai.

Quale lo sport che più di ogni altro è stato rivoluzionato dalla tecnologia televisiva?

La pallavolo. I suoi attuali regolamenti sono stati dettati dalla televisione.

simoCinema e televisione sono due campi in cui lei ha unito passione personale e attività professionale. Si è mai accorto di guardare un film con occhio televisivo o la tv con sguardo cinematografico?

Sempre. Per quanto la televisione non sia figlia del cinema ma della radio e in parte del teatro, si tratta di due audiovisivi con linguaggi propri ma che comunicano tra loro. Non sopporto chi critica un film perché troppo televisivo. Ma cosa vuol dire? L’audiovisivo è un mondo compatto, Roberto Rossellini faceva televisione.

Ma con questo atteggiamento bipolare non rischia di andare in confusione?

Mai andato in confusione in vita mia nella visione di un film o di una trasmissione televisiva.

Applicata al calcio la tv è mai stata “cattiva maestra”

1709998204-dazn-serieaSì, lo è stata, soprattutto nel poco rispetto dell’avvenimento sportivo in sé quando si è compiaciuta della sua tecnologia perdendo di vista la partita. Ricordiamoci le volte in cui abbiamo perduto un gol in diretta perché il regista ha indugiato troppo su un replay.

E lo è ancora?

Il rischio esiste sempre. Io oggi trovo stucchevole il continuo tergiversare sul pubblico nella ricerca di una bella tifosa, un bambino simpatico o un tifoso buffo.  È solo narcisismo di chi dirige le immagini, sotto non c’è altro.

Intervista scritta per The Follow Up News e pubblicata il 26 marzo 2024.


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