Seneca: la lettera n. 1 a Lucilio

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Qualche riga prima di lasciarvi alla prima delle 124 epistole di Lucio Anneo Seneca all’amico Lucilio che ci sono rimaste. La più potente, per chi scrive, dell’intero corpus, composto dal 61 d.C. a pochi istanti prima della penosa morte dell’autore (65 d.C.). La lettera dell’uomo che si considerò nient’altro in prestito su questa Terra, come scrisse nel De tranquillitate animi.

Una vita, quella di Seneca, flagellata da una triade di imperatori tra i più dispotici della storia romana (Catilina, Claudio, Nerone), bersaglio di tanto veleno nelle stanze e nel sottobosco del potere, chiusa con l’esecuzione dell’ordine di Nerone di suicidarsi (e il modo ancor offende) e nondimeno tempo sufficiente per lasciarci, grazie anche alla sua penna senza pari, un’intera filosofia certo non concettuale e dottrinale, ma infinitamente educativa per l’intero genere umano.  

Buona lettura.

 

81TCbKWJGqLLettera 1 – L’uso del tempo

Fa’ così, caro Lucilio: renditi veramente padrone di te stesso, e il tempo, che finora ti veniva sottratto o ti sfuggiva, custodiscilo con ogni cura. Convinciti che le cose stanno così come ti scrivo: una parte del tempo ci viene sottratta da vane occupazioni, un’altre ci scappa di mano, ma la perdita più vergognosa, tuttavia, è quella che avviene per la nostra negligenza. E se vorrai far bene attenzione, ti accorgerai che gli uomini sprecano gran parte della vita facendo il male, la massima parte non facendo nulla, la vita intera facendo quanto non dovrebbero.
Puoi indicarmi qualcuno che dia un giusto valore al suo tempo e alla sua giornata, e che si renda conto di morire giorno per giorno? In questo infatti c’inganniamo nel vedere la morte dinanzi a noi, come un avvenimento futuro, mentre gran parte di essa è già alle nostre spalle. Ogni ora del nostro passato appartiene alla morte. Dunque, caro Lucilio, fa’ ciò che mi scrivi: fa’ tesoro di tutto il tempo che hai. Sarai meno schiavo del domani, se ti impadronirai saldamente dell’oggi. Mentre rinviamo i nostri impegni, la vita se ne va.

Tutto il resto, o Lucilio, appartiene agli altri, solo il tempo è nostro. La natura ci ha dato il possesso di quest’unico bene sommamente fuggevole e malsicuro, ma ce lo lasciamo togliere dal primo venuto. E l’uomo è tanto stolto che, quando acquista beni di nessun valore, e in ogni caso compensabili, accetta di farseli mettere in conto; mentre nessuno, che abbia cagionato perdita di tempo agli altri, ritiene di essere debitore di alcunché; eppure questo è l’unico bene che neanche chi è riconoscente può restituire.

Forse mi chiederai come mi comporto io che ti do questi consigli. Te lo confesserò schiettamente: il mio caso è quello di un uomo che spende con liberalità, ma tiene in ordine la sua amministrazione; anch’io tengo i conti della spesa. Non posso dire che nulla Lucio_Anneo_Seneca_1vada perduto, ma ti potrei dire quanto spreco e perché e come lo perdo; posso cioè spiegare i motivi della mia povertà. Capita anche a me, come alla maggior parte di chi è caduto in miseria senza propria colpa: tutti sono disposti a scusarlo, ma nessuno gli viene in aiuto.

E dunque? Non considero povero l’uomo che, per quanto poco gli resti, se lo fa bastare. Ma tu, fin d’ora, serba gelosamente ciò che hai; e avrai cominciato a buon punto, poiché – ci ammoniscono i nostri vecchi – “è  troppo tardi per risparmiare il vino quando si è arrivati alla feccia”. Nel fondo del vaso resta non solo la parte più scarsa, ma anche la peggiore. Addio.

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