Io voto Alessandro Manzoni

e85fbacb4dSe è vero che il Tempo è galantuomo, arriverà il giorno in cui, “col mento inchiodato sulla fontanella della gola”, chiederemo ad Alessandro Manzoni di non dar peso alla nostra irriconoscenza. Anni infiniti di obbligatorio studio a scuola de I Promessi Sposi, da qualche tempo venuto a meno, hanno prodotto un crimine senza pari nella cultura e nell’educazione di questo Paese, con insegnanti spesso inadeguati a insegnarlo e più spesso studenti troppo imberbi o oltremisura uncinati alle seduzioni della loro contemporaneità per capirne e apprezzarne la portata (come ad esempio chi scrive, studente decenni e decenni fa).

Il crimine però potrebbe evitarlo quella ancora nient’affatto corposa platea dei lettori italici, ma pur sempre viva e vegeta, riprendendo in mano il libro per accorgersi finalmente che gigantesco romanzo esso sia, che magnifiche siano le sue pagine, quanta esplosiva bellezza ci sia nella storia narrata e nell’architrave messa in piedi per narrarla. E quanto di moderno, se non altrimenti addirittura di avanguardistico, ci sia nell’una e nell’altra.

E poi, non dimentichiamolo (o impariamolo): la lingua de I Promessi Sposi, grazie alla sua strepitosa diffusione, fu il regalo che Don Lisander fece agli italiani, il cui Stato in via di formazione adottò proprio quell’idioma come unico e unificato di una popolazione che si sperava uscisse dall’essere perduta gente. Insomma, Manzoni ci ha regalato le parole, le frasi. Quella stesse che io sto utilizzando per scrivere e che tu lettore stai leggendo.

Si può fare

A latere della lettura, per completare l’uso proficuo del tempo, l’invito si perfeziona sfruttando la rete e affidandosi a chi, insegnante di professione, invece questa gemma è in grado eccome di comunicare. YouTube è un mare magno di offerte. Tra queste, ad esempio, le lezioni registrate da Francesco Maria

Il professor Francesco Maria Toscano

Toscano che, anche grazie al commento di Gilda Sbrilli sull’opera (pubblicato dalla Loescher), permette all’interessato di entrare in un mondo di meraviglie e stupore che il paese dei balocchi di Pinocchio è al confronto un discount e neanche dei più forniti.

Quanto segue è una descrizione riassuntiva (e, mi auguro, sufficientemente esaustiva) che prende spunto dalle lezioni del professor Toscano.

Tipologia e modernità 1

La copertina del commento ai promessi Sposi a firma di Gilda Sbrilli

Come classificare I Promessi Sposi? Elementare inserirlo tra i romanzi storici. Manzoni scrive una storia che prende piede nel XVII secolo raccontando uno spaccato della vita del Seicento nel triangolo Milano-Como-Bergamo. Ne affronta il profilo sociopolitico illuminandoci sui tre grandi eventi del tempo: guerra, carestia, peste.  Nel grande libro della letteratura è uno dei tre grandi romanzi storici per eccellenza insieme a Ivanhoe (W. Scott) e Notre-Dame de Paris (V. Hugo).

Restare però nell’edificio storico sarebbe un grande errore perché il capolavoro manzoniano è tanto un romanzo di formazione quanto un’ode civile in prosa. La dinamicità di Renzo, il suo trasformarsi interiormente, il suo diventare adulto nel corso della storia è l’esempio più evidente del primo e la decisa critica dell’autore al Potere, alle istituzioni politiche, alla Chiesa (sì, anche alla Chiesa nonostante il  cattolicesimo dell’autore e la longa manus della Provvidenza nel testo), alla massa, alla cultura fine a se stessa ne fa una voce che frusta l’inettitudine, il tradimento (dei ruoli), la vigliaccheria, la prepotenza e la miopia umana.

Chiuso qua? Mica tanto. Comparata la narratologia di quest’opera e il profilo della narrativa del mondo occidentale che va dai primi del Novecento al giorno d’oggi, non possiamo considerare esaurita la portata dei Promessi Sposi. Rileggiamo con cura la fuga di Renzo dal borgo verso Milano e quella da Milano verso Bergamo. Cosa abbiamo se non una perfetta road novel in nuce? Corman McCarthy, Jack Kerouac, John Steinbeck, Hunter S. Thompson (ma anche alcune fermate di Joe Lansdale e Don Winslow) non respirano forse la stessa aria? Imbucata nel cinema: la camminata impietosa di Travis (Harry Dean Stanton) nelle battute iniziali di Paris, Texas (Wim Wenders) non ha un idem sentire con l’inferno dentro e fuori al povero Renzo in quelle due scene?

E, restando al tempo nostro, pensiamo davvero che la moltiplicazione dei punti di vista sia un’arma narrativa nata con James Barlow o James Ellroy?

 

Tipologia e modernità 2

Il catalogo non è finito. La chiusa dell’ottavo capitolo, con Lucia e Agnese che sulla barca oltrepassano l’Adda lasciando la propria casa, contiene un elemento narratologico che non ha ancora vita nel 1840 (anno in cui viene licenziata la terza e definitiva versione del romanzo), ma che sarà il pane del Verismo verghiano e del naturalismo francese. È l’addio di Lucia alla sua vita come fino al quel momento la aveva vissuta (Addio monti sorgenti dalle acque…). Un braccio sulla sponda della barca, l’altro a far da cuscino alla fronte, Manzoni non inserisce un segno d’interpunzione o un verbo che introduca il monologo della sconfortata protagonista. Lo fa partire a mani nude.

Così come moderno risulta il personaggio di Don Abbondio. Vigliacco e inetto quanto si vuole, ma di una portata letteraria sovrabbondante. Talmente enorme da essere preso come topos da Luigi Pirandello per definire la differenza tra comicità e umorismo nel suo celeberrimo saggio sull’umorismo. Anche il curato, come la signorina Mondella prima, è “vittima” di una focalizzazione interna da parte del narratore (che non è Manzoni), forse meno cruda dell’esempio prima citato ma quanto basta perché il premio Nobel 1934 ne faccia oggetto di riflessione e quindi maschera di umorismo e non di comicità.

E, restando in tema, è proprio fuori luogo pensare a Gertrude, la famigerata monaca di Monza, a madre letteraria di Mattia Pascal e Zeno Corsini? La scelta della resa in luogo della resistenza, il suo diventare personaggio inetto non le fanno parlare (ma in anticipo) la stessa lingua dei due famosi antieroi di Pirandello e Svevo?

La grandezza in un capitolo

“La notte degli imbrogli” potremmo intitolare il capitolo otto dei Promessi Sposi. Sono pagine di un’architettura complicatissima e che si avvale di un ritmo che oggi definiremmo da thriller, con la corsa al climax che procede inesorabile sorretta da un’equilibrata tempistica che mette al loro posto intenzioni, fatti e protagonisti. Pagine di una costruzione così delicata in cui affiora tutta l’impareggiabile abilità di scrittura dell’autore.

Manzoni intreccia tre sottofiloni attribuendo al narratore (che, repetita iuvant: non è lui) il compito di riprendere le fila del matrimonio a sorpresa che avviene contemporaneamente tanto al tentativo di rapimento di Lucia a opera dei bravi capitanati dal Griso quanto alla decisione di padre Cristoforo di inviare un ragazzo, Menico, col compito di comunicare ad Agnese e a Lucia di essere venuto a conoscenza appunto di quell’impresa criminale ai danni della promessa sposa.

Il narratore quindi si trova nella situazione di dover accompagnare il lettore con precise indicazioni di regia dentro queste tre vicende, già di per sé complicate e rese ancor più intricate dal fatto che accadono nello stesso identico momento. Il lettore, che per dogma manzoniano deve capire tutto altrimenti viene meno il compito dello scrittore, si lascia portare dentro a quest’unica vicenda tumultuosa composta da tre porte d’entrata e da un’unica d’uscita. Azioni rapide, reazioni ancor più decise, presenze che si sfiorano di un nonnulla senza mai toccarsi, il timing che neanche un Rolex è capace di bissare. Che polifonia eccitante per noi lettori!

Il sugo del Manzoni

Il romanzo degli umili. Per questo vale la pena portarlo alla luce, ci dice il narratore che del manoscritto originario del Seicento è compilatore e padre di tante digressioni. Il romanzo che cuce con filo letterario il ritorno al cattolicesimo di Manzoni (o conversione come invece affermano più e più testi critici e biografici). Il romanzo della lotta del bene contro il male con la mano della Provvidenza a farsi quadro e non semplice cornice. I Promessi Sposi è la spiegazione della triade di fede dell’autore: 1) ogni essere umano porta con sé il libero arbitrio sempre e comunque; 2) ogni essere umano è responsabile delle proprie azioni, omissioni e destino eterno; 3) ogni essere umano è destinato alla felicità eterna, ma è libero di rifiutarla.

Sulla base dei predetti punti la voce di Manzoni nel romanzo è chiara: ciascuno è responsabile di decisioni moralmente rilevanti. Giustizia sociale e individuale ricerca del bene sono i cardini del suo Cristianesimo militante. I principi non devono rimanere teoria, la fede non si esplica nel limitarsi a cantare “dei salmi un poco stonati” alla domenica tanto per citare Franco Battiato, ma deve tramutarsi in atti.

Differentemente da quanto sostenevano gli Illuministi, per Manzoni la Storia non è un progresso automatico verso la luce della ragione, ma è storie di popoli. Non esistono epoche buie per definizione e per definizione non esistono popoli migliori di altri. Nessuno è predestinato al bene o al male, ma è libero di fare una scelta di cui sarà sempre responsabile. L’individuo può scegliere l’utile personale come unico motore del proprio agire o può decidere di mettere la sua fatica a disposizione del bene comune.

Neanche la giustizia può essere predestinata a qualcuno e nascosta a qualcun altro. Anche gli umili si possono difendere contro i soprusi, le angherie e le prepotenze dei potentati (rappresentanti politici inclusi), ci dicono queste pagine così intrise di potenza civile.

Manzoni condanna la doppiezza e l’incapacità dei politici, la corruzione, la giustizia piegata alla volontà personale, la Chiesa prona al Potere, i pregiudizi sociali, le ragioni di bottega e non meno il singolo cittadino che delega per indifferenza (la libertà non è avere un’opinione, è partecipazione, cantava Giorgio Gaber). Insomma ogni uomo e ogni donna costruisce la Storia e ne è protagonista, ogni essere umano comune può arrivare a far propri i più alti valori che giustificano e raccontano un’esistenza.

Ma non sentite un brivido di aria buona sulle spalle?

 

Pubblicità

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...