Panico alla Scala. Per l’omicidio dell’assessore meglio chiamare il detective privato Aldi

thumbnail_IMG_3642Per niente facile restare in piedi a Milano. L’equilibrio che la città pretende è un concentrato di sobrietà, opportunismo, scaltrezza, intelligenza e perseveranza. E coraggio ovviamente. E Milano non è come Genova che “ha i giorni tutti uguali”.

Roberto Aldi si è rimesso in piedi. Incagliatosi nella viscosità delle ragnatele che il mondo del lavoro tesse, è poi capitombolato. E, pur ammaccato, si è reinventato. Ex poliziotto, ora è un detective privato. Perduto l’impiego, perduta una moglie (Michela), gli rimane comunque una figlia (Elisabetta) che gli fa tanta luce. E poi ha sempre una casa, un Negroni da ordinare, testa e gambe che funzionano. C’è chi sta ben peggio, Roberto Aldi lo riconosce.thumbnail_IMG_0143

Poi, visto che la vita resta sempre un mestiere in movimento, ecco che arriva l’inaspettato. La polizia ha di nuovo bisogno di lui. Durante la recita del Don Pasquale alla Scala, il dottor Librandi, assessore alla mobilità e trasporti di Milano, è stato rinvenuto morto sulla sua poltrona in platea. Il commissario Marini sa che quando c’è di mezzo la politica un caso è fonte di qualcosa di ben più pesante di un mal di testa. Quindi, pur controvoglia, meglio che se la sbrighi quel maledetto di talento dell’Aldi.

Con Noir Metropolitano (Porto Seguro, 288 pagg., 16,90 euro) Gabriele Formenti arriva al suo terzo noir, il primo ambientato nei tempi nostri. Diplomato al conservatorio, musicologo, insegnante di musica e flauto traverso, giornalista professionista, voce (anche) di Radio Classica, l’autore milanese, classe 1978, ha ormai notificato la sua volontà di non guarire dal morbo della narrazione.

Meglio così, anche considerata la penuria di nuovi giallisti e l’abbondanza di quelli che, se soltanto prendono Milano come palcoscenico, si vestono col cappotto di Scerbanenco già prima di sedersi e scrivere l’incipit del loro testo.

Jean-Marie Leclair, un musicista già al centro del suo primo giallo, Il Violino Noir. Lui e il suo sinistro strumento tornano di nuovo in Noir Metropolitano. Solo un’occasione da non perdere per cucirgli violino_bibliointorno un nuovo thriller o la vicenda che lo riguarda le si è inserita così a fondo da volerla ancora affrontare?

Direi entrambe le cose: la storia del violino costruito da Antonio Stradivari per il virtuoso francese è sicuramente interessante da riportare, per più di un motivo. Ci ricorda gli straordinari legami che già nel Settecento erano importanti fra costruttori e solisti, gli scambi culturali fra le diverse nazioni, come Italia, Francia, Germania. E poi c’è il “mistero” che ancora oggi circonda la morte di Leclair e il ritrovamento fortunoso del suo violino: sono elementi che costituiscono una trama dall’indubbio fascino per uno scrittore. Poter attingere ai dati reali di una storia per dare libero sfogo alla fantasia è un lusso che raramente ci si può prendere. Noir Metropolitano dunque può essere inteso sia come una prosecuzione del precedente Il Violino Noir – e infatti alcuni personaggi di quel libro qui ritornano – sia come una storia tutta nuova, ambientata nella nostra contemporaneità.

Che tipo di lavorazione sono state l’organizzazione e la scrittura del testo?

784440e0a7afdc6c5c244efcda3f93fd_400x400L’idea di questo romanzo nasce un paio di anni fa. Sentivo che la storia del violino di Leclair poteva trovare spazio in un nuovo lavoro. Il lockdown del 2020 mi ha permesso di completare il romanzo abbastanza rapidamente. Per questa nuova storia ho scelto un’ambientazione totalmente contemporanea, senza incursioni in altre epoche, come avviene invece con Il Violino Noir, che presenta ben tre differenti piani temporali. Per questo ho attinto direttamente alla mia esperienza personale, ai miei anni passati al Conservatorio di Milano e al mio lavoro come giornalista musicale. Tutto quello che si legge nel romanzo è dunque, spero, più che verosimile. Alla base di ogni nuovo libro ci deve essere un’idea forte; senza di quella è impossibile mettersi a scrivere. Sembra banale ribadirlo, ma il libro sta tutto nell’idea. Certo, poi bisogna svilupparla e scriverla anche bene. Per i primi due aspetti penso di avere centrato l’obiettivo, per il terzo lascio giudicare il lettore.

La sua è una scrittura sobria, curata ma senza fronzoli. Alcuni suoi passaggi mi hanno ricordato Renato Olivieri: studio psicologico dei personaggi quanto basta e apertura verso il palcoscenico dove si vive la storia.

Questo paragone ovviamente mi lusinga anche se devo dire di non essermi ispirato a nessuno scrittore in particolare. Certo, come già per Il Violino Noir, si potrebbero sprecare i paragoni con Dan Brown per la presenza costante nello sviluppo della trama di simboli misteriosi legati alla Massoneria (altro elemento in comune con il precedente mio romanzo). Se devo però citare un nome su tutti, faccio quello del grande Dino Buzzati, storica firma del Corriere della Sera, illustratore e romanziere. Durante la stesura di Noir

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Dino Buzzati, scrittore e cronista di nera al Corriere della Sera

Metropolitano mi sono imbattuto nel suo romanzo Un Amore e devo dire che sono rimasto affascinato per come è riuscito a descrivere la magia di una città come Milano. Non una città grigia e priva di sentimenti, ma un autentico teatro di anime e situazioni. Milano è il palcoscenico di Noir Metropolitano e la storia si dispiega al lettore passo a passo, in un gioco di scoperta che spero possa intrigare il lettore.

Il suo detective privato Roberto Aldi rientra nella tradizionale figura dell’investigatore outsider a cui la vita gioca contro. Quale la genesi del personaggio?

La figura di Roberto Aldi è nata per caso. Cercavo un personaggio che potesse essere credibile. Nel precedente Il Violino Noir il protagonista era il detective dell’FBI Turner (che peraltro fa una breve comparsata anche qui); Roberto Aldi per certi aspetti gli assomiglia anche se ho cercato un maggiore approfondimento psicologico. È un outsider, è vero, è stato vinto dal “sistema”, ma non si è arreso. Ha tante passioni, è intelligente, ha una figlia bella, amante della musica che per altro si rivelerà alquanto fondamentale per la risoluzione del caso, ma deve fare i conti anche con una ex moglie che non può più vedere. Possiede un incrollabile senso per la giustizia ed è alla continua ricerca di un amore vero. Ha un

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Charles Bukowski

debole per l’alcol e il tabacco, sembra uscito da un romanzo di Bukovski, scrittore che ho letto e che amo molto, ma è consapevole dei suoi difetti ed è pronto a migliorarsi non solo per se stesso ma anche per gli altri. Incarna il mio archetipo di detective privato, nasce dalle mie numerose letture, dalle innumerevoli serie Netflix che divoro costantemente. Insomma, è nato da tutto un insieme di situazioni, ricordi, visioni, letture e ora che il romanzo è finito sento che è ancora con me, pronto per essere protagonista di una nuova storia.

Un’involontaria assistente di Aldi è sua figlia, la quindicenne Elisabetta, studentessa di violino. Una ragazza animata tanto dallo stupore della sua età quanto dall’educazione dei genitori, per quanto divorziati. Ha fatto subito parte del’architettura del romanzo o è stata una sorta di deus ex machina arrivato più tardi?

La figura di Elisabetta è, come giustamente evidenzia, di fondamentale importanza per lo sviluppo della trama. Per questo motivo è entrata subito nell’architettura del romanzo. Mi serviva un personaggio competente di musica, che potesse guidare il lettore nella scoperta di alcuni elementi importanti: mi riferisco ai numerosi dettagli sul violino che compaiono nel romanzo, a quelli inerenti la figura di Leclair e la sua musica. In Elisabetta poi, lo confesso, c’è molto della mia storia personale e della mia passione per

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Gabriele Formenti

la musica che mi ha portato, al termine della scuola Media, a frequentare il Conservatorio per diplomarmi in flauto traverso. Raccontare la sua adolescenza e il suo incrollabile desiderio di entrare in Conservatorio, la sua perseveranza, la sua determinazione, mi è venuto facile e naturale. È un bel personaggio, penso particolarmente riuscito.

A un certo punto il lettore s’imbatte in un personaggio molto particolare: lei stesso. Un caso di metaletteratura sorprendente e guidato con buona disciplina narrativa. Confessi il suo sogno nascosto: baratterebbe la sua conoscenza musicale per essere trasformato in Jules Maigret o Sherlock Holmes.

Forse devo confessare che sono un po’ vanesio? In effetti può essere, nessuno è perfetto…! Scherzi a parte, mi pareva intrigante poter essere io stesso protagonista di questo nuovo romanzo. Mi piacerebbe in effetti essere come Roberto Aldi, per capire le persone da uno sguardo, per cogliere quello che altri non sono in grado di cogliere, per arrivare a risolvere questioni che paiono irrisolvibili. Però devo dire che Aldi ormai è parte di me e che forse qualcosa da lui ho pur imparato.

Ha ambientato il suo primo noir contemporaneo a Milano. Oltre al fatto di essere la sua città, qual è la particolarità che Milano offre a chi scrive un noir?

WhatsApp-Image-2021-06-30-at-16.39.57Milano è una città meravigliosa. Penso che siano evidente a tutti i progressi compiuti dalla metropoli in questi ultimi venti anni. Oggi è davvero una città europea, in grado di competere con Londra, Parigi, Berlino. E come queste, Milano ha da offrire la sua plurisecolare storia dove la musica ha sempre avuto un posto speciale. Ambientare un noir a Milano vuol dire saper cogliere questa opportunità, conoscere un po’ di storia coniugandola con un presente sempre in divenire. Ci sono tanti luoghi da scoprire, anche per un milanese doc, tante cose segrete e misteriose. È un’ambientazione perfetta.

La storia ruota attorno a due ambienti specifici: la politica e le istituzioni della musica classica. La sua mano è stata più pesante su quest’ultima. Ma davvero l’ambiente della musica classica è così poco integro come lei lo descrive?

Direi di no, qui facciamo un po’ di finzione narrativa. Certo, come tutti gli ambienti, anche quello della

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Interno del teatro alla Scala di Milano

musica classica non è esente da difetti, da legami particolari, favoritismi, invidie, gelosie, poca trasparenza. Sembra incredibile, ma anche qui non sempre vince il merito, il migliore, il più bravo.

Si è per caso voluto togliere qualche sassolino?

Diciamo di sì, ma ovviamente, “ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale e frutto della fantasia dell’autore”…

Lei è un appassionato di cinema, tanto da condurre su Radio Classica la Pantera Rosa, trasmissione incentrata sulle colonne sonore. Dovesse il romanzo essere trascritto per il grande schermo, immagini il suo cast ad hoc.

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Il regista Marco Tullio Giordana

Questa è la sua domanda più bella e intrigante! Mi ci faccia pensare un attimo.

Regia: Marco Tullio Giordana, Roberto Aldi: Stefano Accorsi, Michela, ex moglie Aldi: Margherita Buy, Sara Buonarroti: Miriam Leone, Antonia Falconieri: Anna Foglietta, il detective Marini: Alessandro Borghi, musiche: Dario Marianelli.

Troveremo ancora l’investigatore privato Roberto Aldi?

Penso proprio di sì, anche se il mio prossimo progetto, già in fase di scrittura, non sarà né un giallo, né un noir/thriller. Sarà la mia prima incursione in un genere totalmente differente, ma ovviamente la musica sarà ancora una volta grande protagonista.

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Il celeberrimo e sinistro violino appartenuto al Jean-Marie Leclerc e oggi di proprietà del violinista Guido Rimonda.

Avremo un Gabriele Formenti sempre più scrittore e meno insegnante e giornalista?

No, perché amo tutto quello che faccio e non potrei mai immaginare di rinunciare a qualcuna delle mie attività.


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