Le Sette Vie del Drago, il fantasy ucronico di Francesco Codenotti

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C’è una prova a cui tutti noi, donne e uomini con o senza qualità, la vita impone di affrontare. Volenti o nolenti, coscienti o no. Se però l’abbrivio si presenta eterodiretto, siamo leggermente nei guai.

E nei guai sono i personaggi che animano Le Sette Vie del Drago (BookRoad, 256 pagg., 13,90 euro) romanzo d’esordio di Francesco Codenotti. Per scrittura, matura e guidata con misura, e storia, impastata con un’architettura per niente semplice, appare bizzarro che il lettore s’immerga in una prova d’esordio.

Un romanzo che si districa tra fantasy e prospettiva che usa il tempo per affermarne proprio l’assenza, narrazione che fa degli archetipi del genere impronte per definire la complessità del genere umano, nelle pagine incarnato da giovani rappresentanti chiamati a una delicata missione che nasce da una profezia. Con un invisibile Mangiafuoco che dall’alto osserva.

Questa la conversazione con l’autore.

Quando e come nasce l’idea della sua storia?

L’idea di base de Le Sette Vie del Drago nasce nella mia testa tantissimo tempo fa. Ha trovato però la necessità fisica di essere scritta, come per tanti altri, durante il primo periodo di lockdown. A causa di ben sessantasette giorni di positività, ho avvertito la mancanza dei miei monti, boschi, colline. Amo da sempre esplorare e conoscere. In quel periodo, l’ho fatto attraverso la fantasia e la mia penna.

L’architettura del romanzo prevede dei continui sbalzi spazio-temporali. Che cosa, questa eliminazione dello sviluppo lineare del tempo, le ha portato in termini di costruzione narrativa?

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La storia, in realtà, si è scritta da sola. Col tempo, mi sono accorto che una delle mie caratteristiche come scrittore è quella di creare il caos per poi da esso, spesso nel finale, ricostruire l’ordine. Gli sbalzi temporali, l’ucronia, fa quindi parte di me. La linearità non è nelle mie corde. Questo metodo prevede, purtroppo, molta attenzione ai particolari. Nulla va lasciato al caso. Se così fosse, al lettore resterebbe quella sensazione di “errore” che non è per nulla positiva. Allo stesso modo però mi permette di divertirmi. Amo gli scrittori che si prendono gioco di me, facendomi diventare matto. Ecco, spero nel mio piccolo di aver fatto lo stesso.

Come si è sviluppato il suo lavoro di ricerca?

Ogni mia pubblicazione si accompagna a un grande lavoro di ricerca. Forse, questo, deriva dalla mia formazione (liceo scientifico indirizzo linguistico e successiva laurea). In questo caso, la ricerca si è sviluppata sia per quanto riguarda il significato dei nomi dei personaggi sia per l’aspetto geoculturale dei luoghi. A ciò, si sono aggiunte un bel po’ di conoscenze derivatemi dall’esperienza come lettore e amante di serie tv e film. Insomma, un nerd, leggendo Le sette vie del Drago, avrà di che divertirsi.

Ogni mia pubblicazione si accompagna a un grande lavoro di ricerca. Forse, questo, deriva dalla mia formazione (liceo scientifico indirizzo linguistico e successiva laurea). In questo caso, la ricerca si è sviluppata sia per quanto riguarda il significato dei nomi dei personaggi sia per l’aspetto geoculturale dei luoghi. A ciò, si sono aggiunte un bel po’ di conoscenze derivatemi dall’esperienza come lettore e amante di serie tv e film. Insomma, un nerd, leggendo Le sette vie del Drago, avrà di che divertirsi.

I suoi personaggi dimostrano un gran senso di fratellanza. La memoria del loro passato dà forza per l’impresa che dovranno compiere, pur sapendo che le rispettive esistenze verranno sconvolte. Eppure non arrivano al lettore come paladini marvelliani. Resta intatto il loro profilo squisitamente umano. È stato un rischio di cui era consapevole quello di evitare di farne dei supereroi o è un problema che non si è posto?

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Francesco Codenotti

Nell’approcciarmi per la prima volta alla letteratura come scrittore, volevo una storia che fosse calata nel mondo reale. E il mondo reale non è costruito dai supereroi. Penso che questo la gente lo capisca. Le persone amano Spiderman perché riescono a identificarsi in Peter Parker, amano Iron Man perché nelle cadute di Tony Stark vedono il buio che è sempre dentro di noi. Scelta consapevole da parte mia? Non lo so. Più probabilmente, scelta dovuta per essere fedele a me stesso.

Sul campo si affrontano due fazioni opposte: i Custodi, anime in grado di sacrificare se stessi per la conservazione di tutto ciò che di meglio l’essere umano è in grado di produrre, e imperscrutabili Esseri al servizio del Male. Questi ultimi si appalesano grazie a Portali che racchiudono un altro tempo e un diverso spazio? Perché ha ideato una dimensione diversa per il Male?

Il Male nel romanzo è presente ma quasi mai palpabile. È una forza intangibile e asettica, senza volto, che si muove tra le dimensioni perché esso, come nella realtà, può apparire ovunque. Il Male, se non affrontato, è sempre dentro di noi. In tal senso, penso sia significativa una delle frasi che più spesso i lettori del romanzo citano: “Il confine tra il Bene e il Male è una linea sottile come quella tra la Vita e la Morte”. Il Male viene sì da una dimensione diversa, ma è una dimensione che è comunque quella che noi tutti conosciamo. A dirla tutta, si dovrà aspettare il secondo capitolo della saga per capire quale sia effettivamente la sua origine. E tutti i tasselli del puzzle allora andranno al proprio posto. Parola di Scrittore.

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Lei crede alla realtà parallela?

In tutta sincerità, non so bene cosa rispondere a questa domanda. Credo che la razza umana non sia l’unica senziente nell’universo. Credo anche nell’esistenza in un’entità superiore, ma non sul fatto che essa interferisca effettivamente sulle nostre scelte. Ognuno di noi è fautore del proprio destino.  Realtà parallela? Mi piace tantissimo l’idea del multiverso, sia come espediente letterario sia come ambito di ricerca scientifica, ma per ora, per me, lì si fermano: espediente letterario e realtà scientifica, appunto. Io, in linea di massima, sono per il reale. Se un giorno ne verrà dimostrata l’esistenza, sarò il primo ad accoglierla come realtà. Per ora è solo una possibilità come tante altre.

Questi Custodi, o Spiriti guardiani, si trovano, per scelta altrui, a incominciare un viaggio che li porterà alla montagna del Drago perché è lì da cui tutto è incominciato. Fuori dalla narrazione, è convinto che tornare a conoscere il Big Bang della storia del genere umano sia l’autentico Graal che aiuterebbe la nostra specie a spostarsi su un percorso di vero soccorso comune?

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Assolutamente sì. “Un giorno, di noi resterà solo ciò che abbiamo lasciato ai posteri.” È una citazione tratta dal secondo volume del romanzo. È solo guardando indietro – Scritture, Avi, Cultura in genere – che possiamo capire come andare avanti. E questo si applica anche alla nostra breve, quasi infinitamente piccola esistenza. Ogni cosa che facciamo in un dato periodo ha il suo perché di esistere in quel dato periodo. Ogni errore commesso o, al contrario, ogni passo nella giusta direzione che compiamo deve divenire insegnamento per noi stessi e per gli altri.

Ha inserito anche il deus ex machina. Lo Scrittore senza volto e nome che entra ed esce dal romanzo quasi a decidere che il fato è pasta sua. Si è ispirato a qualche modello di preciso?

In tutta sincerità, no. Ho sempre voluto inserire un personaggio esterno e, anche in quello che sto scrivendo ora, lo faccio. Come detto, mi piace interagire con i miei lettori. Creare il personaggio de Lo Scrittore era quindi la scelta più ovvia. Se poi mi venga chiesto se tale personaggio sia io stesso, non saprei rispondere. Ognuno scelga da sé. Amo, però, le storie dentro le storie. In quest’ottica, fondamentale per me è stata La Storia Infinita di Michael Ende.

Quale, e perché, il personaggio che ritiene le sia uscito meglio dalla mano?

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Va detto che penso sia difficile identificare un protagonista all’interno del romanzo, per quanto alcuni trovino più spazio rispetto ad altri. Ho amato in modo particolare scrivere la seconda parte del romanzo, quella che si muove tra Londra e la Lapponia. E, in quest’ottica, i due personaggi che ho amato di più sono Astrid e il Dottor White. Il che, per chi ha già letto il romanzo, è una scelta parecchio ardita. Anche in questo caso, vi invito a leggere il secondo capitolo della saga, che uscirà nei primi mesi del 2022, per capirne la motivazione.

Il riferimento a una serie di culture diverse tra loro che danno luce alla storia è solo un mezzo narrativo o il frutto invece di una sua precisa posizione sul valore della multiculturalità?

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Sara Cremini

È una scelta dovuta al mio essere. Ho avuto la fortuna, grazie ai miei genitori prima e alla mia curiosità poi, di viaggiare molto nella vita. Nulla come il viaggiare riempie lo spirito e ci rende migliori. È quindi per me naturale approcciarmi alla scrittura in questo modo. In tutta sincerità, devo dire che quasi nulla di ciò che scrivo è frutto di una riflessione a priori. Semplicemente, attraverso ciò che scrivo trasmetto, come penso ogni altro autore, il mio modo di vedere la vita. Volente o nolente, ogni scrittore mette nelle proprie opere parte del proprio animo. A tal proposito, lascio una citazione tratta da Neméria, i demoni del passato della mia compagna e scrittrice Sara Cremini: “Ciò che ogni costruttore crea, per certi versi, diventa un prolungamento della sua personalità. Chi dà vita ad un costrutto vi pone all’interno il proprio nucleo creativo e in un certo qual modo vi applica una firma, un’impronta. Lo scopo per cui si crea un oggetto è parte fondante della sua creazione”.

La pubblicazione de Le Sette vie del Drago è il frutto di una campagna di crowdfunding. Come mai questa scelta?

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A dir la verità, non si è trattato di una scelta. Quando mi sono avvicinato al mondo dell’editoria, conoscevo quasi esclusivamente la parte del lettore. E, come molti, nel momento in cui ho avuto il primo contratto tra le mani, non ho esitato a firmarlo. Per quanto mi riguarda, è stato un percorso irto di ostacoli, ma che ho vissuto divertendomi e rimanendo me stesso. Mi ha costretto a mettermi in gioco, e questo mi ha portato a conoscere persone stupende e a “farmi conoscere”. La campagna è terminata con successo con ben sessantasette giorni di anticipo e posso solo ringraziare chi ha deciso fin da subito di sostenermi. So, purtroppo, che per molti miei colleghi non è stato così.

Una modalità ormai abbastanza abituale, anche in altre arti, più all’estero che da noi. Che cosa scontiamo, semplice timore del nuovo o la tradizionale pigrizia del nostro Paese nel cercare di far proprie vie diverse da quelle tradizionali?

L’editoria italiana è in crisi da tempo, e uno dei modi che ha trovato per aiutarsi è stato prendere dall’estero il crowdfunding. Il problema è che se in alcuni casi è stato utilizzato nel modo corretto, in altri sono stati sbagliati l’approccio e il messaggio che è stato passato alle persone. A ciò si aggiunge il fatto che l’italiano è meno abituato a questo modo di muoversi, soprattutto se legato al mondo dell’editoria.

Ha definito Le Sette vie del Drago un romanzo “fantasy ma non troppo”. Che cosa della sua fantastoria non collima con l’universo fantasy?

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J.R.R. Tolkien

Anche in questo caso, dobbiamo tenere presente il substrato culturale italiano. I romanzi fantasy conosciuti in Italia sono quelli di astrazione tolkeniana (epic fantasy) o, in tempi più recenti, gli urban (se urban si vuole definire la saga di Harry Potter). Tutto ciò che esce dall’elemento magico quindi è difficilmente inteso come fantasy. A ogni modo, dobbiamo tenere presente che i lettori di oggi – e di conseguenza gli scrittori – arrivano in modo talmente immediato alla letteratura, che sempre più spesso i generi si mescolano, perdendo la loro connotazione originale. Le Sette Vie del Drago è un fantasy con connotazioni di fantascienza e, per certi tratti, thriller. Lascio al lettore la facoltà di scegliere se ciò corrisponda al vero oppure no. Il “fantasy ma non troppo”, comunque, fa riferimento alla mia volontà o, meglio, necessità, di staccarmi dal classico topos del Fantasy = Signore degli Anelli. Tolkien è la mia origine ma, nello scrivere, avevo bisogno di calarmi nel nostro mondo.

Di quali letture dell’autore è figlio il romanzo?

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Penso che siano veramente troppe per essere racchiuse in una semplice risposta che non annoi il lettore. Il romanzo è il compendio di molte mie passioni: lettura, viaggio, serie televisive, film eccetera. Io ho letto tutto ciò che sono riuscito a recuperare di Tolkien, anche se non ancora tradotto in italiano, ma nello scrivere ho cercato, quantomeno nell’ambientazione e nello stile, di staccarmene. Di Tolkien ho però mantenuto la strutturazione del romanzo, affidata quasi esclusivamente all’ispirazione del momento. Da Ransom Riggs ho preso l’idea di “ragazzi con poteri speciali”, mentre, spostandoci in Italia, il mio libro di ispirazione è senza dubbio L’Ombra del Primo Re di Lorenzo Sartori.

Quali gli autori che hanno segnato il suo percorso di formazione come scrittore?

Al di là dei corsi di scrittura a cui ho partecipato, esperienza che consiglio vivamente a chiunque voglia approcciarsi a questo mondo, mi permetto di citare ancora una volta Sartori. Nello scrivere, mi sono accorto di avere molti tratti in comune con lui. Una scrittura secca e molto “filmica”, ad esempio, così come i continui plot twist. Con Lorenzo inoltre ho instaurato anche un rapporto che va al di là della semplice “lettura”. Ci scambiamo opinioni, gli chiedo consigli. Ognuno di noi dovrebbe avere la fortuna, come ho avuto io, di trovare un proprio “punto di riferimento” tangibile e reale. In quest’ottica, avere al mio fianco la mia compagna Sara Cremini, anche lei scrittrice, è stimolante e appagante. Siamo i critici più severi di noi stessi, ma riusciamo, attraverso questo confronto, a trarre il meglio dai nostri lavori e da ciò che ne consegue.

Lei è al suo romanzo d’esordio. Quanto tempo le serve per arrivare alla montagna?

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Se per montagna si intende il “luogo in cui uno scrittore smette di essere emergente”, sono fermamente convinto che ogni autore – soprattutto in un Paese come l’Italia – non debba mai considerarsi arrivato. Il bello del viaggio è proprio il cammino e solo attraverso la continua ricerca di noi stessi, del raggiungimento della meta, possiamo migliorarci. A ogni modo, in questo cammino ho lasciato molti sassolini: a breve uscirà il secondo e definitivo capitolo de Le Sette Vie del Drago, sempre con la copertina del Maestro Antonello Venditti e questa volta edito da PAV edizioni. Ho già portato a termine la stesura di un terzo autoconclusivo romanzo, molto più noir, e sto proseguendo con la stesura di un quarto. Quest’anno inoltre, sono usciti parecchi miei racconti. Il Collezionista di Bambole è un giallo, scritto a quattro mani con Sara Cremini, contenuto nella raccolta Come non uccidere la scrittura, Maschere, puro thriller, e Rinascita, uno scritto di genere fantastico – che ha avuto l’onore di vincere il contest “Come non uccidere la scrittura” -, entrambi editi nella raccolta omonima. Infine, il mio piccolo orgoglio è Sogni di Fantasy, la raccolta che sto curando sempre insieme alla mia compagna e il cui ricavato verrà devoluto alla TiNCoraggio, associazione di beneficenza che sostiene gli Ospedali Civili di Brescia. La presenteremo a un evento dal vivo, ha visto la partecipazione di ben novantotto autori da tutta Italia e ha segnato la prima collaborazione in ambito letterario con il gruppo Facebook Scrittori Emergenti Italia, di cui sono amministratore e intervistatore.


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