Dentro un libro con Seba Pezzani – 8: La Zona Morta (Stephen King)

81QryiaE-8LUn ragazzo dal nome più anonimo che ci possa essere in America, John Smith, è vittima di un incidente in taxi e, dopo cinque anni di coma, si sveglia e riprende faticosamente la sua vita di uomo comune. Con una piccola particolarità in più: toccando un semplice oggetto viene raggiunto dal passato del suo possessore e da immagini del suo futuro.

Stephen King e La Zona Morta, edito in Italia da Sperling & Kupfer nel 1981, due anni dopo l’uscita negli States. Un carico bello pesante.

Il dialogo con Seba Pezzani, giunto all’ottava puntata, si concentra quindi su questo romanzo dell’autore del Maine. Ormai classici (scrittore e romanzo) della storia della letteratura tout court.

Che cosa ti piacque di questo romanzo?

Banalmente, mi sento di dire tutto. L’idea di partenza, lo sviluppo narrativo con la relativa suspense, i dialoghi e lo spettro dell’America folle che nemmeno i più sofisticati apparati di sicurezza sono in grado di controllare.

Il protagonista di chiama John Smith. Un nome e un cognome che in America sono quanto di più ordinario si possa trovare. La sua invece è una storia straordinaria. Semplice coincidenza o questa dicotomia, a tuo parere, nasconde qualcosa di più significativo?

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Seba Pezzani

Ovviamente, bisognerebbe chiederlo a King, ma la sensazione è che il nome non sia un caso. John Smith per gli americani è un po’ come Paolo Bianchi per noi italiani e l’idea che dietro una persona ordinaria, quasi anonima, possa celarsi un mistero e che la vita del cittadino medio possa trasformarsi in un incubo nazionale sono una specie di esame di coscienza collettivo fatto da King a nome del popolo americano.

Di una persona egli vede passato e futuro. Non è un indovino, né tantomeno un truffatore. Potrebbe monetizzare il suo dono. Ma appunto, è un dono il suo o una sciagura?

Non credo che vi siano molti dubbi. Il redivivo protagonista, sopravvissuto per miracolo a un incidente pazzesco, esce dal coma e trova la sua vita personale e la sua America cambiate pesantemente. Si trasforma in una sorta di Cassandra moderna e lui stesso fatica a credere a ciò che immagina e vede nella sua mente.

La storia tocca un punto che si legge più in sottofondo: quanto capita a un singolo cambia inevitabilmente la vita a una serie di persone. Altri entrano in una nuova esistenza. Vera, la madre di John, reagisce forzando a tal punto il suo credo cattolico da entrare in un’altra dimensione. Il che porta il marito Herb a fare inedite scelte. Lo stesso per Sarah, la fidanzata, che, dopo aver aspettato due anni che John si svegliasse dal coma, prende una via che la segnerà per sempre. Insomma, un domino che forse ci suggerisce quanto sia illusoria la nostra concezione di libertà individuale. Che ne pensi?

Io credo nel libero arbitrio, ma credo pure nella vacuità della nostra convinzione di essere del tutto artefici di quanto ci

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Stephen King negli anni 70

succede. Siamo un granello impalpabile in un ordine cosmico di cui ci sfugge persino la dimensione e sappiamo bene che i nostri propositi non sono quasi nulla. Ma – e da questo punto di vista sono quasi calvinista, anche se lo trovo un paradosso – non si può vivere senza fare del nostro meglio per migliorare il mondo in cui viviamo e, con esso, la nostra intera esistenza. Credo che sia questo il perno centrale del libro e pure la scintilla più geniale di questa creazione di King. Le sue riflessioni non sono mai banali.

La Zona Morta uscì negli States nel 1979 e due anni dopo da noi. Non fu il primo romanzo a raccontare di viventi che parlano con i morti, ma curiosamente dopo la sua pubblicazione in questo genere di letteratura ci fu un fiorire di romanzi incentrati su personaggi con facoltà medianiche. Solo un procedere a traino o la celebrazione ulteriore di questo romanzo?

Sinceramente non ne ho idea. Non sarei sorpreso se la fioritura di storie di contenuto analogo sia avvenuta sulla scorta del successo del romanzo e, a distanza di qualche anno, pure del film che ne è stato tratto. Solitamente, finisce che gli epigoni sono una copia spenta dell’originale, ma la storia della letteratura e del cinema ne è zeppa.

Perché il tema del libro appassiona così tanti lettori? Ci vedi un modo per tenere vivo il filo che ci collega con l’aldilà, l’esorcizzazione della paura della nostra finitudine, la reazione a un sentimento di isolamento in un pianeta sovraffollato o altro?

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Una scena del film La Zona Morta (1983), diretto da David Cronenberg

Nel corso della mia vita di traduttore/interprete e pure giornalista/autore, mi è capitato spesso di sentire scrittori di thriller, soprattutto americani, dichiarare che il noir è così popolare perché emoziona e spaventa e spesso trasmette anche un’appagante sensazione liberatoria, aiutando il lettore a scendere a patti con un destino in qualche modo segnato e consentendogli almeno in parte di esorcizzare le sue paure ancestrali. Ci sono addirittura autori – come Jeffery Deaver – che volutamente impongono un finale se non felice per lo meno non fosco quanto il resto della storia. Ce ne sono altri che, invece, si attengono maggiormente al senso di finitudine, come dicevi tu, della vita umana, che mostrano un atteggiamento apertamente pessimistico. Mi viene in mente John Harvey, grande e tutto sommato sottostimato giallista inglese contemporaneo, che alla domanda “Perché mai i tuoi romanzi sono così cupi e disperati?” risponde immancabilmente, “Perché sappiamo bene come andranno a finire le cose”.

La scrittura di King. Che mezzi usa per creare e far salire la tensione?

Credo quelli classici. Anzi, semplificando, King è uno scrittore classico, un mix di mitologia greca (con la presenza più o meno allusa) di elementi sovrannaturali, di drammi shakespeariani (della serie, uno straniero giunge in paese e la vita della comunità non sarà mai più la stessa) e tratti quasi biblici (nella contrapposizione tra bene e male).

Per sottolineare la bravura di Joe R. Lansdale, i critici americani lo definiscono “lo Stephen King del Texas”. Va da sé che Lansdale risponde che piuttosto è King a essere il Lansdale del Maine. Restiamo sulla definizione. Che cosa accomuna, per visione e tecnica narrativa, questi due gradi scrittori? il-cinema-di-stephen-king-gli-anni-70-e-80_tbv2

L’aderenza alla cultura popolare americana, la forza della vita semplice, soprattutto di quella della provincia, a scapito dei lustrini delle grandi città, la scelta di ambientare ogni storia nel territorio che conoscono a menadito – il Texas Orientale per Joe R. Lansdale e il Maine per Stephen King – dialoghi serrati e rigetto dell’esotismo.

So che non sei un kinghiano. Eppure l’autore del Maine ha tutto perché la tua sensibilità si sposi con la sua. Soprattutto nei romanzi più realistici. Come lo spieghi?

Non è che io non sia un kinghiano. È solo che, per motivi a cui non so dare nemmeno io una spiegazione sensata, non l’ho quasi mai letto. Una ragione, in fondo, c’è: ho il terrore dei libri lunghi e sappiamo bene che King tende a essere torrenziale. La zona morta è sicuramente un’eccezione.

Come lo collochi nel panorama dell’intera letteratura contemporanea?

Ha un ruolo di preminenza assoluta.

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Stephen King e Barack Obama

Ti indigneresti se vincesse il Nobel?

Per niente. Ora ti dico una cosa che indignerà parecchi: detesto i libri in cui la parte intellettuale prenda il sopravvento su quella popolare, quelli in cui lo sfoggio di cultura (soprattutto letteraria, una sorta di costante autocitazione della categoria) soffoca la voglia di raccontare. È per questo che non riesco a leggere Italo Calvino, Thomas Pynchon e compagnia bella. Mi piacciono libri semplici. Leggere è fatica e faticare due volte mi pare diabolico. So che la mia idea non è molto condivisa nel mio ambiente, ma me ne sono fatto una ragione da molto tempo. Il Nobel a King sarebbe la conferma di una tendenza apertasi con il Nobel a Dylan: la scrittura è un mondo variegato in cui non esiste una verità, ma sancire la forza del romanzo popolare (ovviamente di qualità) sarebbe una scelta da caldeggiare.


2 risposte a "Dentro un libro con Seba Pezzani – 8: La Zona Morta (Stephen King)"

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