Dentro un libro con Seba Pezzani – 7: Dalia Nera (James Ellroy)

1Più gigantesca l’opera o l’artista che la creò? La prima uscì dal corpo del secondo per prendere una forma del tutto propria e indipendente oppure l’autore non fu affatto medium di un’energia fuori da sé e invece plasmò e governò l’opera a suo piacimento?

Con Seba Pezzani questa volta parliamo di Dalia Nera di James Ellroy, uscito da noi grazie a Mondadori. Non fu solo un romanzo. Ma una montagna che sì abbatté su testa, denti e stomaco del lettore. Ed Ellroy un colosso di romanziere, talmente fuori dai canoni che, nel corso del tempo, sarebbe stato preda di un avvolgimento su se stesso che lo avrebbe portato a rivoluzionare tanto la sua scrittura quanto l’architettura della narrazione per libri niente affatto memorabili da far nascere il dubbio che Dalia Nera fu una creatura a sé e lui solo il corpo che ne diede luce.

Quando lo lessi appena uscito, nel 1987, mi colpì al punto tale che per qualche tempo vedevo il fantasma della Dalia dietro ogni angolo. Lo rilessi una quindicina di anni più tardi e venni ugualmente toccato dalla potenza di scrittura di Ellroy. Quale fu il tuo giudizio?

Lo trovai sconvolgente e incredibilmente emozionante. Credo che Ellroy non abbia più saputo ripetersi a quei livelli. In quel libro c’era tutto: la storia vera, la storia noir, personaggi riusciti, erotismo e violenza, un linguaggio da strada molto efficace, un passo tutto sommato degno dei migliori romanzi di suspense. Mi piacque un sacco e fu una rivelazione assoluta.

Geneva Hilliker, madre di James Ellroy. James Ellroy Archive, University of South Carolina Libraries
Geneva Hilliker, madre di James Ellroy. James Ellroy Archive, University of South Carolina Libraries

La vicenda della vittima, Elizabeth Short, la Dalia Nera appunto, è la trasposizione letteraria di ciò che successe alla madre dell’autore, per quanto il fatto narrato sia realmente accaduto. Un’ossessione che non lo ha mai abbandonato, tanto da ritornarci su più volte. Ci sono stati altri scrittori che, su questo, hanno condotto la loro carriera accompagnati da un demone privato che non li ha mai abbandonati?

Penso di sì. Anche se in questo momento non me ne vengono in mente. Però sono frequenti i casi di persone che si mettono a scrivere per esorcizzare i propri demoni, che attraverso la scrittura compiono una sorta di autoanalisi. L’importante è evitare a tutti i costi che lo studio della propria psiche abbia il sopravvento. In Dalia Nera, direi che Ellroy ci è riuscito appieno. In altri romanzi meno.

A proposito di ossessione. Nel libro, l’indagine dei due poliziotti a cui il caso è affidato, Dwight “Bucky” Bleichert e Lee Blanchard, si trasforma in un tormento fisso che li porta a fare un viaggio a ritroso della loro stessa vita. In

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James Ellroy

pratica, un personaggio di cui si parla sempre e solo in terza persona, ha il potere di scardinare la vita a due uomini. È questo il punto di forza del romanzo?

È uno, ma non il solo, punto di forza. Ripeto: Dalia Nera è una specie di romanzo perfetto. È ovvio che l’ossessione individuale per l’indagine diventa vincente all’interno di un romanzo che quell’indagine, realmente avvenuta, la ricostruisce.

L’ambiente narrato nel romanzo è una sorta di bolgia dominata da corruzione, abuso di potere, violenza, tradimento, violazione impunita della legge. Ti chiedo: nell’economia della storia così come raccontata si prende più la scena la ricerca del responsabile dell’omicidio di Elizabeth Short, quindi il mistero, o l’ambientazione umana che circonda quel mistero?

Credo che tu abbia colpito nel segno: sono due facce della stessa medaglia e hanno la medesima importanza. Il lettore sfoglia avidamente le pagine per capire come la storia possa andare a finire, pur sapendo benissimo com’è andata a finire. Allo stesso tempo, l’ambiente malsano della città dei sogni per eccellenza fa da protagonista assoluto: senza quella Los Angeles il romanzo non avrebbe metà della forza che ha.

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Seba Pezzani

La storia si svolge a Los Angeles negli anni Quaranta dello scorso secolo. Tale spazio e tale tempo hanno fornito biada a fior di scrittori per storie che sono rimaste nel grande libro del crime e del noir. Che cosa hanno la città degli angeli e il decennio ’40-’50 (ma potremmo allargare la visione a tutti gli anni Cinquanta) di così tipico per dare il la a tanti romanzi di genere?

Be’, io credo che l’ambientazione (che è quella reale dei fatti storici intorno all’uccisione di quella donna) sia paradigmatica. Lo stile stesso, per quanto enfatizzato rispetto a quello che contraddistingue i romanzi dei grandi autori di genere, è un omaggio più o meno aperto all’hard boiled. E molti romanzi hard boiled a Los Angeles sono ambientati. Dalia Nera Ellroy non avrebbe potuto scriverla senza far sua la lezione dei vari Dashiell Hammett e Raymond Chandler.

In generale che America era quella del ventennio ’40-’50?

Un’America ricchissima, in grande ascesa sullo scenario internazionale, dove tutto sommato spadroneggiava, un’America il cui stile di vita hollywoodiano era oggetto degli aneliti di mezzo mondo e delle invidie dell’altra metà.

Del romanzo fu tratto un film nel 2006 diretto da Brian De Palma. A me non piacque affatto. Se lo hai visto, che cosa ne pensi?

L’ho trovato orrendo e noioso. Decisamente molto meglio L.A. Confidential. Un’occasione persa perché De Palma mi

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Il cadavere di Elizabeth Short e un suo primo piano

sembrava il regista perfetto. Pensavo che il suo film potesse rappresentare una sorta di continuità ideale con la bellezza di Chinatown di Roman Polanski.

So che non sei un ellroyano, ma che cosa fu e che cosa è oggi secondo te James Ellroy nel panorama degli scrittori di nera?

Un punto fermo. Un autore che ha lasciato il segno.

Piuttosto, perché non sei un ellroyano?

Perché lo trovo per lo più esagerato, lento e noioso. Con le dovute eccezioni. Dalia Nera e L.A. Confidential sono ottimi. I miei luoghi oscuri è pure molto toccante e credibile. Non sempre riesce a esserlo.

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Un giovane James Ellsroy in una foto segnaletica della polizia

L’autore ha avuto una vita che di per sé è un romanzo. Come e di più di Edward Bunker. L’aver vissuto in prima persona i sotterranei dell’umanità, risieduto nelle carceri e quant’altro è un vantaggio per chi poi sente di dedicarsi alla scrittura?

La scrittura è sempre figlia della vita. Tendo a diffidare degli autori che, giovanissimi, sfondano. In genere non hanno vissuto abbastanza per scrivere cose sufficientemente interessanti. È pure vero che non serve aver fatto il giro del mondo o le guerre puniche per poter creare una storia credibile, ma sono esperienze che segnano e che di certo arricchiscono il bagaglio di un potenziale scrittore. Bunker certamente è passato per la dura esperienza del carcere, che l’ha segnato. I suoi libri non avrebbe potuto scriverli con quell’intensità se non fosse stato un ex-carcerato. Analogamente, le problematiche psichiatriche e i traumi infantili di Ellroy devono avergli dato una marcia in più per sondare gli abissi della malattia mentale e della depressione.


8 risposte a "Dentro un libro con Seba Pezzani – 7: Dalia Nera (James Ellroy)"

  1. Che la sua ricerca del romanzo perfetto lo ha portato a perdere progressivamente di vista la scrittura che fece della Dalia Nera il romanzo che conosciamo. Le sue nuove armi narrative (molteplicità dei punti vista portata all’estremo, temporalità non lineare, sintassi anarchica etc) lo hanno portato su un piano in cui risultava più importante la costruzione architettonica del romanzo che la storia raccontata.

    1. Tra i difetti dei suoi ultimi libri citerei anche un lessico inutilmente ricercato: ad esempio, se nella prima pagina di un tuo romanzo (“Panico”) senti il bisogno di inserire ad minchiam un termine come “sicofanti” allora vuol dire che ti interessa più sfoggiare la tua erudizione che raccontare una storia. Grazie per la risposta! 🙂

  2. “Panico” lo sto per leggere, quindi non ti so dire. Bisogna poi vedere la traduzione se rispetta veramente l’originale o meno. Va da sè che che Ellroy si è incupito dentro un personaggio che non lo lascia più libero di esprimersi come nella trilogia di Los Angeles o comunque nei primi libri. Il suo passato non lo ha mai abbandonato, il marchio dell’assassinio della madre pure. Uno scrittore giocato dalla sua anarchia furibonda. Grazie a te per i commenti.

  3. Bel post, complimenti. Michael Connelly è un maestro. Ma guarda che Renée Ballard è un personaggio che è venuto dopo. Dopo Harry Bosch, il vero personaggio di Connelly, quello che gli ha dato fama e grano. Una volta che è invecchiato gli ha messo vicino la Ballard. Se non li hai letti, fatti tutti i romanzi con Bosch. E guardati, se hai Primevideo di Amazon, la saga BOSCH con l’insuperabile Titus Welliver nei panni del protagonista. Lo stesso Connelly ha curato la scrittura televisiva.

    1. Ho letto quasi tutti i romanzi con Harry Bosch, ma non ho mai visto la serie televisiva: adesso che me l’hai raccomandata ci butterò senz’altro un occhio. Grazie mille per il consiglio, e buona Domenica! 🙂

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