Dentro un libro con Seba Pezzani – 3: L’Ordine (Daniel Silva)

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Al centro del terzo appuntamento con Seba Pezzani una spy story tradotta da egli stesso; L’Ordine di Daniel Silva (HarperCollins, 408 pagg., 19 euro). Un setting micidiale per una storia di spionaggio, il Vaticano. Il sancta sanctorum in terra dei messaggeri della parola di Dio e culla dei misteri teologici che arrivano, in un percorso all’indietro, fino alla parusia, l’avvento del Cristo in terra.

Una sfida delicata per l’autore. Cospirazioni, omicidi, complotti, testi segreti in grado di scuotere l’universo cristiano intero e una inusuale (inusuale?) quanto massiccia circolazione del denaro, se non sono temi che si sposano con l’accezione che la persona comune ha di cotanto luogo, non sono neanche materia che un romanziere può maneggiare se non con metodica cura.

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Seba Pezzani

Perché hai scelto questo romanzo?

Ho scelto questo libro perché, molto banalmente, mi ha entusiasmato leggerlo. E perché trovo Daniel Silva formidabile sotto ogni punto di vista. Aggiungere altre parole sarebbe superfluo.

Il titolo è la fedele traduzione dall’inglese.

I titoli non li scelgo io. Così come non scelgo i libri da tradurre. Per lo meno non spesso. Però sì, il titolo è la traduzione letterale dell’originale The Order. Laddove possibile, bisognerebbe sempre mantenere l’intenzione originale.

Intrighi, omicidi, spie all’ombra del Vaticano. Esiste per te un luogo migliore al mondo in cui il mistero di una storia basata su questi tre cardini si esalti con tanta naturalezza?

Di scenari adatti ce ne sono certamente tanti, ma non si può dire che il Vaticano non offra per tanti motivi spunti di intrigo forti.

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Daniel Silva

Com’è nell’originale la scrittura di Daniel Silva?

Come sempre, ho cercato di attenermi per quanto possibile all’originale e, dunque, di far affiorare lo stile di Silva, un autore abbastanza asciutto ma mai banale, certamente più interessato alla costruzione della storia e alla suspense che allo stile ma non per questo sciatto e banale. Anzi, trovo che sia uno dei più bravi tra gli autori di libri di fantapolitica internazionale.

La tua traduzione è filata liscia, come sembra dalla lettura in scioltezza del testo in italiano, o ci sono stati punti in cui hai dovuto camminare sulle uova?

Ogni romanzo che mi capiti di tradurre presenta qualche difficoltà. L’Ordine non fa eccezione, ma non posso dire che tradurlo sia stato più complicato di quanto mi capiti di norma. Lo stile di Silva è alquanto classico, poco ridondante. Questo sicuramente aiuta il traduttore nel suo lavoro. Devo pure dire che trovo Silva bravissimo proprio perché il suo stile narrativo è perfettamente in linea con lo sviluppo delle sue storie: non c’è mai nulla di eccessivo e proprio per conclavequesto anche le sue “sparate narrative” non sono mai avvertite come sopra le righe. Diversi anni fa, poco dopo le dimissioni di Benedetto XVI dal soglio papale, mi capitò di leggere per una grande casa editrice italiana il manoscritto di un autore italiano (che per quella casa ha pubblicato almeno due romanzi), un intrigo internazionale con il Vaticano al centro di una narrazione assurda, priva della minima credibilità, peggiorata ulteriormente dall’uso costante di iperboli stilistiche. Daniel Silva è, per fortuna, l’esatto opposto.

Una spy story è un mondo a parte rispetto a un ordinario giallo o noir. In quelle che hai letto che non ti sono piaciute o che non ti hanno del tutto convinto quali sono stati in genere gli errori, le pecche che hai riscontrato? Dove e su che cosa cade in genere un autore?

In genere, trovo le spy story noiosissime. Per esempio, non riesco a leggere John Le Carrè, da molti se non da tutti considerato un maestro. Lo trovo pallosissimo. Ho provato a leggerlo, ma senza grandi esiti. In generale, le spy story sono poco credibili, sovralimentate, talvolta sorrette da un tono che aspira quasi a essere aulico e che non ha nulla a che vedere con quello che, di fatto, è un romanzo di suspense. Non significa che un autore di spy story non possa inserire in ciò che scrive una critica più o meno velata del sistema, una denuncia al marciume della scena internazionale. Mi viene in mente un mio grande amico, James Grady, autore di quello che resta tuttora uno dei massimi capisaldi del genere, I sei giorni del Condor (poi ridotti a tre nella riuscitissima versione cinematografica di Sydney Pollack): James è uno scrittore dalle opinioni molto radicali, per essere un cittadino statunitense, e scrive conèopièouiukytrsd stile. Ma ci sono tante spy story che non mi convincono. Ci sono, invece, autori come Silva o come Frederick Forsyth, per citarne un altro, che utilizzano gli stilemi del genere con sapienza, piegandoli alle loro esigenze narrative e riuscendoci benissimo. Silva, peraltro, arricchisce i suoi romanzi di informazioni serie, non indulge mai nell’autocompiacimento e non risulta mai forzato.

A me ha colpito e convinto proprio l’ambientazione del romanzo. La trovo perfetta. Mi è arrivata come naturale l’immagine di un luogo santo e sacro ferito dai comportamenti di quegli umani che dovrebbero essere i prescelti di Dio. A te cos’ha colpito?

Direi la stessa cosa che ha colpito te: come sia possibile che il simbolo stesso della cristianità, il luogo sacro all’Occidente per antonomasia, possa essere scosso al suo interno dalle stesse pulsioni che dominano qualsiasi altro ambiente umano? La malvagità e faziosità dell’essere umano assumono un’aria ancor più inquietante quando si ammantano dell’abito talare se non addirittura della porpora cardinalizia o del bianco papale.

Delicato anche il tema. Facilissimo sarebbe stato per Silva cadere nei luoghi comuni, dal punto di vista narrativo, e nella blasfemia quanto alla sostanza del Graal che muove le pedine del libro. Che idea hai tu in proposito?

8yykjdfgbRipeto ciò che in parte ho già detto: Silva è maestro dei toni sfumati. I luoghi comuni, se ci sono, finiscono per non sembrare tali nei suoi libri. Questa è la sua qualità principale rispetto ai vari Dan Brown e compagnia. E non c’è alcun autocompiacimento nel lasciare intendere sfumature metafisiche nei casi intricati dei suoi libri. Insomma, della serie, non serve chiamare in causa Dio e Satana: ci pensano gli uomini a compiere le peggiori nefandezze e pure i gesti di più nobile eroismo.

Peraltro l’autore mira in alto con il Vangelo di Pilato anche dal punto di vista storico oltre che teologico. Davvero esistesse, così come immaginato nel libro, si dovrebbe davvero riscrivere l’intera storia delle persecuzioni contro gli ebrei. Per un momento ho pensato che Silva volesse prendere una direzione che andasse oltre la spy story. Mentre traducevi cos’hai pensato?

La sensazione è che Silva, come molti altri colleghi, sia interessato principalmente alla creazione di una storia ad alto tasso adrenalinico, ma che non disdegni incursioni in sfumature più profonde, in analisi psicosociali che riesce sempre a fare, attraverso personaggi tratteggiati con sapienza e vicende che risultano sempre credibili. Aggiungiamo che trovo pure molto avveduta la sua scelta di che cosa inserire nelle sue storie: insomma, quando si scrivono libri come i suoi, Processo-a-Gesùbisogna sapere quanto inserire e quanto lasciar fuori. Mi pare che quanto raccontato da Silva sia interessantissimo – io stesso ho imparato parecchie cose che non conoscevo – senza mai appesantire la narrazione e spezzare la suspense.

Non so decidermi se mi piace di più la figura dell’arcivescovo Luigi Donati o quella del suo vecchio amico Gabriel Allon. Tu come li vedi questi due personaggi?

Sono entrambi splendidi. Alla fine, torno a preferire Allon, ma è una gara durissima.

Morto un Papa se ne fa un altro. Il Conclave, descritto come in preda alla mercificazione più bieca, sembra partire dalla biblica cacciata dei mercanti nel Tempio da parte del Cristo. La domanda sarebbe da fare in primis a Silva, ma te la pongo lo stesso: pensi che la radice che ha mosso l’autore si possa trovare in questo passo della vita di Gesù?

image-3-680x400Sicuramente. Silva è ebreo, per quanto ne so. Gli ebrei, si sa, prendono molto sul serio la Bibbia e ciò che vi sta intorno: il Nuovo Testamento, per esempio. Non so che tipo di convinzioni religiose abbia, ma è difficile immaginare un ebreo che non abbia avuto un’educazione ferrea in materia.

Mentre i prelati del Vaticano sono parte integrante della bella vita romana, l’Ordine di Sant’Elena agisce nell’oscurità con qualsiasi mezzo brutale per riportare il Cattolicesimo alle origini. Io ci vedo la fotografia di una profonda spaccatura del Cristianesimo. Non si sa proprio di chi prendere le parti.

Be’, le parti io le prendo eccome. Sono contrario a ogni forma di massoneria o di congregazione mistica dai confini oscuri. Credo che in un mondo giusto e, soprattutto, in un paese democratico, la parola “segreto” non dovrebbe esistere. Mi viene l’orticaria ogni volta che sento parlare di servizi segreti, noti in Italia più per i danni fatti che per i benefici arrecati alla democrazia. Mi viene il mal di cuore quando sento parlare di logge massoniche. Mi monta una

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Immagine da “La Grande Bellezza” di Paolo Sorrentino

rabbia infinita persino quando sento qualcuno spingere per un “maggior pluralismo scolastico”, nel senso di maggiori fondi alle scuole private. Sappiamo tutti che le scuole private nascono con l’intenzione di creare una élite, che sia di tipo confessionale oppure economica. Siamo in democrazia e non se ne può certo negare l’esistenza, ma le scuole cattoliche (così come le madrasse) e i vari istituti universitari privati (come la Bocconi o la LUISS) vogliono formare una élite. Ne abbiamo davvero bisogno? Abbiamo bisogno di Lions e Rotary? E potrei andare avanti all’infinito.


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