Poco più di tre minuti. Quanto basta per sentire che il mondo si è fermato. Un incastro di voci che ripete a seguire il medesimo verso. Crucifixus etiam pro nobis
sub Pontio Pilato passus et sepultus est. Vale a dire: Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto.
Polifonia vocale di cui si coglie immediatamente l’unità dolorosa, voci che si alzano e si abbassano in un’unione che firma il dramma e la liberazione del Cristo. I bassi escono dall’increato, potenti, solenni, con parabole vocali lunghe e quando intervengono le altri voci è un librarsi di dissonanze che si scontrano e rimangono sospese tanto è la delicatezza con cui si chiudono.
Antonio Lotti (c. 1667 – 1740) scrisse il Crucifixus in più versioni per numero differente di voci (4-5-6-8-10) , che s’impilano una sulle altre in una stratificazione sempre più spessa della tensione uditiva.
Una meraviglia con ben pochi uguali nella storia della musica. La acchina umana che ha la forza di bloccare tempo e spazio dentro cui noi ci muoviamo, cresciamo e arriviamo alla fine del nostro passaggio terreno. Come colui a cui è rivolto il brano. Noi come lui, noi come parte del divino. Quale in realtà siamo.
E nella commozione per l’ascolto, se siamo in grado di svolgere il film del nostro passato significa che anche noi siamo un pezzetto di questa crocifissione che libera col sangue, le grida, la sofferenza, l’ansia, un’esistenza intera. La nostra.
La nostra esistenza che si quieta davanti alle strisce di voci gravi e leggere che appaiono, si avvicinano a noi per venirci a sollevare piano piano, ci fanno guardare il mondo dall’alto e poi ci riportano a terra svanendo con delicatezza in un soffio, una piuma che chiude il suo volo.
Per tre minuti e qualcosa siamo stati più vicini a Dio.
ANTONIO LOTTI AND THE CRUCIFIXUS THAT FOR THREE MINUTES MAKES US CLOSER TO GOD
A little bit more than three minutes. Just enough to feel the world stopped. A tangle of voices repeating the same verse in loop. Crucifixus etiam pro nobis sub Pontio Pilato passus et sepultus est. That is: He was crucified under Pontius Pilate, He died and was buried.
A vocal polyphony holidng within a painful unity, voices going up and down to figure out Christ tragedy and liberation. Lowest basses emerge from Ucreated, powerful, solemn, with long vocal parabola and when highest voices enter it’s a hover of interwined dissonances flowing in a suspension to gently end up their flight.
Antonio Lotti (c. 1667 – 1740) wrote Crucifixus in more versions for various number of voices (4-5-6-8-10) to create a different auditory tension.
A magnificence with few equals in the music history. Human machine here works in a mighty way to block time and space within which we move, grow up and come to the very last pace of our earthly passage. Just like Him. We like Him, we as a part of a divine whole. What actually we are.
Plunged into this commotion, if we’re able to rewind our past it means we’re a little part of the crucifixion that with the blood releases the shout, the pain, the anxiety, a whole existence. Ours.
Our existence that recovers its quietness in front of the low and high voices approaching to let us see the world from above and then bring us back to earth lightly disappearing like a puff, a feather which completes the flight.
For a full three minutes we’ve been closer to God.