Sulla strada. Ancora

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Sulla Strada venne pubblicato negli Stati Uniti nel 1957. Due anni dopo in Italia. Il suo autore, Jack Kerouac, morì nel 1969, a soli 47 anni. Ne sono passati sessantatré dall’uscita del libro e cinquant’uno dalla morte dello scrittore. Dopo oltre mezzo secolo è lecito riflettere su un libro che ha attraversato una sfilza di generazioni diventando esso stesso una personale epopea, un totem tanto per lo stile del narrare e fare letteratura, quanto per la visione di esistenza incarnata.

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Ebbene, come si è difeso il romanzo, se ci è riuscito, dalla polvere del tempo? La sua scrittura come ne esce nell’attuale contemporaneità? E quanto alla storia narrata: in un mondo attuale, totalmente rivoltato come un calzino rispetto a quello della fine degli anni Cinquanta, il viaggio continuo del protagonista Sal Paradise (Kerouac stesso) avrebbe ancora un senso anche se diverso da quello originale?

La scrittura

È passata alla storia col termine di “prosa spontanea”, coniato dallo stesso autore. Uno stile cadenzato come un’improvvisazione di jazz e istantaneo tanto nella sua messa in pagina quanto nella ricezione da parte dei lettori. Se escludiamo l’ultimo Joyce, un’assoluta novità nella realtà letteraria del tempo. Frasi che sembrano non avere regole certe, figlie di una totale libertà dello scrittore di ricalcare il battito della vita reale. Una forma lessicale che si costruisce con il gergo dei suoi protagonisti e che, anche al di fuori dei dialoghi, si compone di una musicalità basata sulla ripetizione, una fluidità che non osserva i ritorni a capo e che acquisisce velocità con una completa libertà nella punteggiatura.

Senza arrivare allo stream of consciousness joyciano (che, nella sua forma più estremizzata ammette la comprensione del testo solo a un’élite di cultori e studiosi dell’autore), Kerouac raggiunge il colto e l’incolto con una prosa che rende scritto il pensiero pensato (dal singolo personaggio o dalla voce dello scrittore), svincolato dalle celle sintattiche che formano l’idioma inglese.

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Un periodare per associazioni che, soprattutto letto a voce alta, rimanda immediatamente alla formazione della frase musicale del bebop. Una spontaneous bop prosody (il copyright è sempre dello stesso Kerouac) che assorbe da quella musica la tecnica compositiva con lampi di breve durata sorretti dal paracadute dell’improvvisazione che porta il motivo a continue variazioni armoniche. Di tempo e di luogo quelle dello scrittore.

Oggi la struttura sintattica di Sulla Strada è ormai più che assimilata. Risulta ancor più immediata al lettore moderno perché nel frattempo la scrittura letteraria (americana in primis, ma non solo) si è modificata proprio in questo senso. Leggiamo il romanzo senza stupirci dello stile perché decadi di letture post Sulla Strada ci hanno formato una nuova voce interiore. L’affrancamento dalle tradizionali regole sintattico-grammaticali e il periodare libero dal convenzionale racconto lineare che parte dal punto A e arriva al punto Z è ormai pane quotidiano per scrittori e lettori contemporanei.

Si va dalla pluralità dei punti di vista (James Ellroy, Jorge Majfud) al labirintismo narrante di storie coronate da una cronologia frastagliata (David Foster Wallace), dal cut-up (William S. Burroughs) alla metafiction (Jorge Luis Borges) senza lasciare per strada lo stile di scrittori come Thomas Pynchon, Donald Barthelme, Robert Coover, Italo Calvino, Julio Cortázar, Ronald Sukenik (la lista non esaurisce i nomi).

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Insomma è venuto meno lo stupore della lettura per via della messe di scrittori che creano storie esprimendosi al di fuori del linguaggio creato nelle sale dell’estetica accademica, ma lo stile del romanzo in questione non è diventato datato, ha retto al tempo, è diventato pietra angolare di un modo oggi ordinario di fare letteratura. La sua spontaneità resiste, i suoi cambi di direzione emergono semplicemente più immediati senza risultare vintage, assorbiamo più naturalmente il periodare accelerato della voce narrante. Normalizzazione della scrittura kerouachiana? Potrebbe dirsi così, senza risultare una diminutio. Anzi.

La storia (e il tempo incarnato)

Sulla Strada presenta una serie di elementi e dinamiche che per tanti anni sono usciti dal libro per trasformarsi in bandiera per le nuove generazioni ribelli al conformismo borghese imperante. Il viaggio perpetuo del protagonista (molto più entusiasmante degli spesso deludenti periodi di stanziamento), l’autostop come mezzo naturale per dare spinta a un movimento più interiore, la necessità di conoscere l’America come strumento per conoscere finalmente la radice della persona che vive dentro Sal Paradise, il senso dell’amicizia con Dean Moriarty (alter ego di Neil Cassady) come spunto di un più universale sentimento che lega l’essere umano a un altro, i discorsi giovanili infuocati di osservazioni sul creato, sulla musica, sul nostro essere di passaggio, il voler vivere per vivere.

E oggi? Chiaro che chiunque oggi potrebbe mettersi in cammino e rifare un viaggio del genere (in gran parte del globo terrestre) che fa da colonna portante al romanzo. Anzi, i mezzi a disposizioni lo renderebbero più facile da fare. Ma possiamo affermare che, fuori dalla scelta una “eletta” minoranza di giovani, il sugo che condisce queste pagine è il desiderio primario verso cui tendono le nuove generazioni di questo momento della storia dell’umanità?

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Apriamo il mazzo di carte della modernità e vediamole: aleatorietà dei rapporti personali, cancellazione della solidarietà sociale, mancanza di prospettiva e visione di un presente differente con conseguente alterazione del rapporto tra pubblico e privato, smaterializzazione del lavoro, tecnologizzazione dell’esistenza che ha sedimentato una relazionalità a distanza che prescinde dal contatto fisico e dalla qualità degli individui con cui ci mettiamo in relazione, globalizzazione.

Il mutamento della modalità delle relazioni sociali ci ha portato, tanto per dirne una, al passaggio da un’epoca in cui il controllo sociale era osteggiato come oppressivo a una fase in cui il controllo è addirittura auspicabile in nome della sicurezza. Le emozioni residuali dell’essere umano moderno planetario sembrano essere rimaste l’indifferenza, l’odio e la rabbia. Esattamente l’opposto dello scenario descritto da Kerouac.

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A essere mutati sono proprio gli uomini e le donne di oggi. Jack Kerouac non scriverebbe più Sulla Strada perché non potrebbe vivere la sua intima testimonianza che lo guidò poi alla composizione. Potrebbe scriverne un altro, con tela, colori e cornici ben differenti. Il romanzo segna necessariamente il passo del suo innesto in un preciso momento storico. Che è stato lunghissimo, foriero di seguaci in tutto il mondo, fonte di innumerevoli creazioni artistiche che ne hanno segnato i confini, ma ormai non più rappresentabile a meno di non voler creare un’opera destinata direttamente agli archivi su cosa fu un mondo pre-tecnologico.

Tutto ciò cosa toglie alla grandezza di queste pagine? Proprio niente. Non bisogna soffiare la polvere posata sulla copertina per tornare a leggerle e godere della loro intima e incandescente bellezza. Perché polvere non c’è.

ON THE ROAD. AGAIN

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On the Road was published in the United States in 1957. The author, Jack Kerouac, died in 1969 when he was only 47. Sixty-three years have passed since the release of the book and fifty-one since the passing away of the writer. After more than half a century is possible to reflect on a novel that has turned into a totem for a lot of young generations both for the style and its vision of human existence.

So, what about the dust of time on the book? And the writing compared to contemparary age? And about the story told: the neverending trip of the narrator (Sal Paradise alter ego of Kerouac) would have the same meaning in today’s world?

The writing

It has gone in history as spontaneous prose, term coined by the author hismelf. A punctuated style like a jazz improvvisation. If we exclude the latest Joyce, an absolute novelty in the literary reality of that time. Expressions apparently without clear rules, a complete freedom of the writer to recreate the beat of real life. A lexical form built by the slang of the characters with a inner musicality based on an utter freedom of punctuation.

A part form Joyce “stream of consciuosness”, Kerouac gives life to a prose that puts on the page the thought of the narrator and the other characters free from the syntactic cells forming the English language. A literary style that sends back to the bepob musical phrase. A spontanueous bop prosody (copyright Kerouac) that absorbs from that music its compositional tecnique.

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Today On he Road syntactic structure is more than assimilated. We read the novel without being surpised anymore by the style because decades of readings post On the Road formed a new our inner voice. On one side the liberation from the traditional grammar and sintactic rules and on the emancipation from the conventional narration that starts from point A to reach point Z is now totally usual for contemporary writers and readers.

We can underline the plularity of points of view (James Ellroy, Jorge Majfud), the narrative labyrinth that doesn’t respect any kind of cronology (David Foster Wallace), the cut-up (William S. Burroughs), the metafiction (Jorge Luis Borges) without missing to mention the style of authors suche as Thomas Pynchon, Donald Barthelme, Robert Coover, Italo Calvino, Julio Cortázar, Ronald Sukenik (the list doesn’t run out the examples).

In conclusion, the modern habit of experimental narrative made On the Road style highly less revolutionary but the novel has not become old, it hasn’t turned in something vintage. Time hasn’t covered up the book spontaneity. Standardization of Kerouac writing? We could say this way without wanting to stress any kind of diminutio.

The story (and the embodied time)

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On the Road presents a series of elements that for many years were (and somehow still are) a flag for new generations, rebels to the society conformism. The infinite trip of Sal Paradise (so much more thrilling and exciting than the periods of pause), the hitch-hiking as the most natural device to move innerly ourselves, the necessity of knowing the country as a way to know our soul, the meaning of friendship as a spark of a more universal feeling connecting the whole humankind, the neverending conversations on the Creation, music and our “be passing”, the desire to live just to live.

And today? Obviously, everyone could take his backpack and gets in his way. Indeed, now the trip would be easier to do. But, out of a “chosen” minority of youths, is this the primary desire young new generations tend to?

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Let’s open modernity deck of cards: aleatory human relationships, deletion of social solidarity, lack of perspective and vision of a different present with consequent alteration of the relation between public and private, dematerialisation of the work job, technologization of the existence that has brought to a remote relationship that doesn’t need any kind of human touch, globalization.

The change of the kind of our social relations, for example, led us to pass from a period in which social control was opposed as oppressive to a phase in which it is even desirable in the name of security. Planetarian modern human being’s residual emotions seem to have remained indifference, anger and hate. Just the exact opposite of Kerouac’s scenery.

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We are changed. Today Kerouac wouldn’t write On the Road anymore because he couldn’t live those experiences (in the way he did) that later drove him to write the book. He could write another way of course. The same roads with different characters and background actors. Does this take off something to the majesty of these pages? Absolutely not. We’ve not to remove the dust on the cover to open the book and still enjoy the heartfelt and thrilling beauty of the novel. Because there’s no dust.


Una risposta a "Sulla strada. Ancora"

  1. Ciao, per me Sulla strada è attuale soprattutto per tema del viaggio in sé indipendentemente dalla meta, come del resto lo è Omero. E poi trovo per sempre attuale lo stile perché secondo me la prosa spontanea è lo stile della mente nella sua attività consapevole.

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