Sembrava fosse stato convocato. Il Papa chiamato a rispondere in piazza San Pietro direttamente al Comandante e senza testimoni. Non lui a chiedere di non lasciare il suo popolo nella tempesta e offrirgli una nuova possibilità prima di rientrare nella Casa del Padre. Quantus tremor est futùrus, quando Iùdex est ventùrus, cuncta stricte discussùrus. Quale tremore, l’Urbe tutto assalirà quando Lui verrà a giudicare severamente ogni cosa.
Nella scena più iconica probabilmente di tanti prossimi decenni (se ce ne saranno concessi), tutto attorno a un vecchio e fragile uomo c’è l’immensa potenza del vuoto, ogni immagine che riprende il momento è riempita dal vuoto che rimbomba dagli elementi che la formano: la pioggia, il colonnato, l’altare, il crocefisso, gli scaloni di marmo, le luci, le statue, il colore tempesta del cielo. E poi i passi lenti del vogatore della Cristianità, la sua voce instabile e fors’anche impaurita con cui, in assenza di ogni forma di vita pulsante, implora benevolenza per un’umanità lontana per decreto, ma che, per quanto silente, attonita e sgomenta, giustizia per giustizia in enorme parte meriterebbe di essere giudicata definitivamente ora e adesso, con la severità di chi tuona di essere stato tradito.
Uno spettro che lampeggia della sua fratellanza più umana e malandata Papa Francesco, diretta emanazione del Sacro più gotico e mistico quando, offrendo le sue spalle curve, prega l’Altissimo che non sia ora tempo di Apocalisse perché non sia che con un Male planetario si metta fine alla Storia aprendo il tempo della Resurrezione.
Un rito del tutto spoglio del rito, gesti delle mani e passi compiuti con la completa coscienza della propria imperfezione. Più abili a combattere a mani nude un virus che sta mangiando vite senza confini che ad aiutare a farsi portavoce di una supplica ultraterrena di bontà evangelica. Ecco la potenza sublime dell’immagine. Farci travolgere dalla grandezza (in ogni senso) di un uomo schiacciato da una missione da cui mette in conto che il mondo potrà non uscire vivo. Ora o tra non molto.
Perché questo mondo ha già svoltato. Dal di dentro. E ha preparato la sua stessa dissoluzione. Dal di dentro. E ora, come chiedere il miracolo di una guarigione? Come fermare Lui se Lui ha deciso di scendere per giudicare severamente ogni cosa? Lo si chiede. Con i passi nella tempesta.
Credo che questa rimarrà l’immagine simbolo di questa tragedia. Per tutti, credenti o no.
Sottoscrivo.