Sulle montagne russe con Bruno Giordano

17388937_1479254262131486_2345686422458133381_oNel mondo della comunicazione i suoi gol sono le antologie targate Rai dedicate ai grandi dello spettacolo e dello sport, caratterizzate da uno story-telling delicato e incalzante, tra immagini di repertorio e testimonianze raccolte per l’occasione. Da Alberto Sordi a Stanlio & Ollio, da Totò a Renato Rascel, e via via Domenico Modugno, Fausto Coppi, Anna Magnani, il Grande Torino, Vittorio Gassman, Lucio Battisti. Il catalogo non chiude qua.

Poi il suo impegno con la musica, fondando e dirigendo la collana folk della Fonit Cetra che ha raccolto in un’unica memoria un autentico patrimonio storico-sonoro del nostro Paese. Nelle pieghe dei suoi impegni, la pubblicazione di qualcosa come una trentina di libri.

Oggi Giancarlo Governi, esce con Bruno Giordano. Una vita sulle montagne russe (Fazi editore), un testo che, confezionato con grande cura narrativa, riporta alla luce la parabola umana e sportiva di uno dei centravanti migliori del calcio dell’ultimo mezzo secolo, a torto passata negli ultimi anni un po’ sottotraccia.9788893251273_0_0_0_75

Dotato di una tecnica invidiabile (se ne accorsero “loro Maestà” Cruijff e Maradona), Giordano ha contribuito a scrivere la storia del calcio italiano con le maglie della Lazio (prima vita) e del Napoli (seconda vita). Nel mezzo, una storiaccia da cui uscì pulito secondo la stessa giustizia che gli aveva comunque tolto due anni di carriera e regalato altrettanto tempo di ansie, angosce e sofferenze variamente assortite. Pure la sua vita privata non gli è stata avara di entrate a piedi uniti sulle caviglie.

Chi si commuove a vedere rotolare un pallone su un prato, chiunque l’abbia calciato, farebbe bene a chiudersi nel silenzio e ascoltare la voce di Giordano-Governi. Cadenza romana, italiano croccante nel racconto intimo di una vita che raccoglie un’epopea. Meravigliosi gol e fantastiche azioni mentre gli spari sopra non smettevano di fare rumore.

Ha deciso di affrontare la narrazione immedesimandosi in Bruno Giordano. Una scelta estetica che le ha permesso una fluidità del racconto maggiormente trastevere-tSa-1000X500coinvolgente o anche un’empatia più profonda verso l’uomo e il campione?

«Tutte e due le cose. Prima di iniziare a scrivere il libro, mio figlio Silvio mi fece leggere Open di Agassi. Era scritto in prima persona da un giornalista Premio Pulitzer che però non lo aveva firmato. Dai racconti di Bruno mi sono reso conto che avevamo molti punti in comune: Trastevere, la stessa scuola elementare, i luoghi di Trastevere, la piazze dove avevamo giocato a pallone, il Fontanone del Gianicolo e il barcone del Ciriola sul Tevere dove avevamo fatto il bagno, l’oratorio della parrocchia che ci ha tolto dalla strada e ci ha indirizzato verso la via dell’onestà e del bene. In un’epoca, soprattutto la sua, dove la droga si portava via tanti ragazzi. Insomma mi sono reso conto che raccontando la sua Roma e la sua Trastevere raccontava anche la mia Roma e la mia Trastevere. E quindi la prima persona mi è venuta spontanea.»

Provo a immaginare una critica verso questo suo approdo stilistico: un biografo dovrebbe sempre mettere una certa distanza tra sé e l’oggetto di cui parla e poi iniziare a scrivere la prima parola.

«Nella introduzione al libro ho citato Flaubert che disse: “Madame Bovary c’est moi!”, e io sono stato Bruno Giordano durante la stesura del libro. Lo sono stato mettendo a sua disposizione la mia sensibilità, la mia capacità narrativa e anche la mia cultura.»

L’immagine delle montagne russe evoca bene la parabola esistenziale del giocatore e della persona. Pagina dopo pagina si capta una certa serenità nelle testimonianze più sofferte. Quanto c’è dell’equilibrio dello scrittore-estensore?

FIGURINA-164-LAZIO-BRUNO-GIORDANO-CALCIATORI-PANINI«C’è sicuramente il mio equilibrio, la mia capacità di oggettivare i fatti, ma c’è anche la serenità dell’uomo Bruno che ha saputo raccontarsi tranquillamente, come in una seduta dallo psicanalista. Ci sono due cose che non ha superato (due discese vertiginose) e che non riuscirà a superare per il resto della sua vita: sono gli otto giorni a Regina Coeli e la morte della mamma, la sua prima tifosa, proprio alla vigilia del suo trionfo a Napoli.»

Attorno alla figura del protagonista ha voluto cucire un altro personaggio che a tratti si prende il centro del racconto: Roma, descritta in modo che a volte il lettore ne respiri addirittura l’aria se non addirittura la storia. Uno come Giordano poteva nascere solo nella Capitale?

«Bruno è più esattamente un figlio di Trastevere. Chi vede la Trastevere di oggi trasformata in un “mangificio”, in una sorta di movida permanente, non può capire che cosa era questo straordinario quartiere quando ero ragazzo io e quando lo era Bruno. E poi Bruno e io siamo due dei tanti figli di Trastevere “che hanno passato ponte”, che si sono fatti onore in campi diversi, come Alberto Sordi, come Claudio Villa.»

Quale la caduta della sua carriera che più l’ha colpita nel mentre raccoglieva le sue parole?CALCIO: DA SCANDALO '80 A SMS, FILO ROSSO SCOMMESSE

«L’ho detto: gli otto giorni a Regina Coeli che a distanza di tanti gli bruciano ancora. La rabbia per essere stato incarcerato innocente, lo divora sempre.»

Immagino il vulnus più profondo per lui: il coinvolgimento del suo nome nel primo calcio-scommesse.

«Appunto. La sola colpa che lui ammette è quella di essersi girato dall’altra parte, pensando “io sono una persona onesta, faccio il mio dovere e quindi la cosa non mi riguarda. Tu sei l’ultimo arrivato, hai tutto un avvenire glorioso davanti a te, pensa alla tua carriera”.»

A un certo punto affronta il doloroso ricordo della morte violenta di Luciano Re Cecconi. A distanza di qualche decennio, si è fatto un’idea se la pubblicistica ufficiale ce l’ha raccontata giusta?

tuttosport-re-cecconi«La pubblicistica ufficiale la morte di Re Cecconi non l’ha raccontata per niente, trincerandosi dietro alla storiellina dello scherzo. Una cosa offensiva per lo stesso Re Cecconi che era una persona serissima e assolutamente infondata. A Roma, e per di più nel suo quartiere, tutti conoscevano quel giocatore biondo. Ci hanno pensato due giornalisti di oggi a riaprire il caso, Maurizio Martucci e Guy Chiappaventi. Ma oramai le cose sono andate e il loro lavoro è servito a stabilire la verità storica.»

Giordano fu il precursore del centravanti moderno. Potente ma allo stesso tempo elegante, fisico e al contempo di tocco, egoista ma capace di dialogare con l’intera squadra. A quale giocatore del calcio attuale potrebbe essere paragonato?

«L’unico paragone che mi viene è quello del laziale Ciro Immobile. Ma forse in più, rispetto a Ciro, Bruno aveva una tecnica sopraffina. Maradona disse di lui che era il più sudamericano di tutti i giocatori italiani. »

Fosse nato dieci anni prima avrebbe oscurato Giorgio Chinaglia?1939527_10202777045684403_834635253_o

«Chinaglia alla Lazio portò la mentalità vincente che una delle squadre più antiche d’Italia non aveva mai avuto. In quanto a tecnica però Bruno era certamente superiore.»

Nella Lazio di tutti i tempi, ammesso di farla giocare col doppio attaccante puro, la coppia è senza “se” e senza “ma” Chinaglia-Giordano?

«Ovviamente, e chi sennò…»

Com’è stato possibile che un attaccante così apprezzato da un immenso campione come Johan Cruijff, uno per il quale Diego Armando Maradona impose l’acquisto al Napoli, non sia riuscito a esprimere tutte le sue qualità nella Nazionale azzurra?

magica-2«Giordano aveva conquistato la Nazionale, quando si abbatté su di lui la storia del calcio scommesse. Era uno dei giocatori più pagati, i club più prestigiosi se lo contendevano. Il Milan stava preparando un trio di attacco con Giordano al centro e accanto due campioni come Falcao e Zico. Bearzot alla vigilia dell’Europeo disse: “Che squadra faccio senza due giovani campioni come Giordano e Rossi”. Se non ci fosse stato la pesantissima squalifica, Giordano avrebbe giocato il Mondiale del 1982 e sarebbe stato campione del mondo.»

1024px-Derby_di_Roma_1979-1980Com’è beffarda la vita. Il Chinaglia presidente lo aveva venduto alla Roma. Giordano si oppose mandando il suo vecchio eroe a quel paese. A raccontarlo a un ragazzo oggi c’è da passare per matti. Tanto il raccontatore quanto l’autore del rifiuto.

«Il calcio è cambiato molto rispetto a quello di cui Giordano fu protagonista. I giocatori erano anche tifosi della maglia che indossavano. Oggi vanno non dove li porta il cuore ma dove li portano i contratti. Siamo noi spettatori che tardiamo a capire che i giocatori vanno e vengono, ma quello che resta sempre è la bandiera. Nel calcio bisognerebbe fare propria la battuta che faceva Enrico Mattei sui partiti: “Per me sono come i taxi, mi faccio portare dove voglio, pago la corsa e scendo”. Così i giocatori, li usi, li paghi e li rivendi.»

Nel calcio di oggi dai valori esplosi quanto potrebbe valere in soldoni?

«Se hanno pagato un difensore, sia pure bravo come Bonucci, 50 milioni, Bruno non avrebbe prezzo.»

10cbc8fd897c33fd3a634312eb95bdd9_43_lLei è pure un tifoso biancazzurro. Quale il suo gol dei gol che porterà sempre nella memoria?

«Il secondo gol alla Juventus di una partita vinta per tre a zero. Bruno fece passare la palla sopra la testa del difensore Morini, la raccolse senza falle toccare terra e con un altro sombrero, come lo chiamano ora, la fece passare sopra la testa di Zoff. Crollò lo stadio… I romanisti ricordano il primo gol di Giordano al derby dalla linea di fondo. Bruno dava del tu al pallone e da lui potevano aspettarsi qualsiasi cosa.»

Giordano ha da poco superato la soglia de sessant’anni. Che uomo è oggi?

«Un uomo appagato e felice. L’ho visto giocare e gli dico sempre: “Tu dieci minuti in serie A li potresti fare ancora”. L’unica cosa che lo cruccia un po’ è non essersi affermato come allenatore. Ma lui ha scelto di non avere procuratori. Oggi il calcio è in mano a loro.»

 


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