James Joyce: killer o Big Bang?

eLo ha ucciso. No, lo ha reinventato. È il becchino della letteratura. Macché, è il Lorenzo il Magnifico del Rinascimento letterario contemporaneo, il Big Bang, il punto zero nella cosmologia della modernità narrativa.

Quel che è certo è che oggi, dopo aver dato vita a quasi un secolo di colossali incomprensioni (da noi e nella natia Irlanda arrivò quarant’anni dopo l’uscita a Parigi che lo fece conoscere grazie alla benemerita Shakespeare and Company), ancora ci fermiamo a leggere e discutere su James Joyce e quel suo luciferino parto che fu Ulisse.

Farne trama è sforzo più che altro inutile. In genere ci basta sintetizzare il compito dicendo che è il racconto di un giorno preciso (16 giugno 1904), in un luogo altrettanto certo (Dublino) in cui alcuni abitanti di quella città s’incrociano e non fanno assolutamente nulla di eclatante o clamoroso. Vivono le loro abitudinarie e anonime vite. Inclusi i tre personaggi a cui l’autore destina un collegamento con l’Odissea omerica: Leopold Bloom (Ulisse), sua moglie Molly (Penelope) e Stephen Dedalus (Telemaco). Details following, come dicono gli anglosassoni.

Ciò che invece di assordante resta è che, dopo milioni di romanzi usciti post-Ulisse, la storia di quell’unica giornata resta un luogo letteralmente impervio. L’aver aperto nuove prospettive nella composizione del romanzo, superando lo schema classico che parte dal punto A e arriva al punto Z senza mai saltare in sequenza una stazione di servizio, non ha fatto breccia nell’uomo moderno.02

Paladino estremo dell’idea che il romanzo nasce “cotto e mangiato” nel cervello, Ulisse non smette di suonarci come una novità. E se il passo estremo si chiama ancor oggi Finnegan’s Wake dello stesso scrittore irlandese e non, ne cito uno a caso dalla stretta contemporaneità, Infinite Jest di D. F. Wallace, forse ci può aprire una terza via rispetto alle due posizioni radicalmente opposte sugli effetti dell’Ulisse sulla storia della letteratura dal 1922 al 2016.

James Joyce con Sylvia Beach e Adrienne Monnier alla Shakespeare and Company
James Joyce con Sylvia Beach e Adrienne Monnier alla Shakespeare and Company

Forse queste pagine non sono state né l’assassino del romanzo tradizionale né l’esplosione primordiale di un modello nuovo.

Forse rimane un epico romanzo in cui il tutto è ancora inspiegabilmente più vigoroso e superbo delle parti che lo compongono. Forse, invece di lambiccarci sui suoi frutti, faremmo meglio a restare sull’opera e stupirci di come Joyce abbia ancora la freschezza di trascinare il lettore in un labirinto mortale per provare di aver concepito unitariamente quel che le nostre sinapsi ci consentono di raggiungere separatamente. Un’opera polifonica in cui la dinamica dei Bloom e di Stephen Dedalus, più che le orme dei tre eroi classici di cui sono epigoni, ripropongono quella dei miliardi di essere umani che si succedono sulla Terra dalla notte dei tempi.

Ulisse è un libro che vive di presenza scenica. Un racconto che, per quanto all’inizio non si capisca un tubo, è di per sé spesso fluido (vedasi l’impareggiabile episodio del funerale) mentre quel che manca sono le mollette a stretto giro di posta per attaccarlo immediatamente a un prima e a un dopo. Una narrazione che si alimenta di parole che traducono jump visivi, che ha poco di suggestivo o lirico, ma è scrupolosa in modo ossessivo nella descrizione delle vicende umane con una musica della frase totalmente nuova.03

Nell’unità di tempo di una giornata, Joyce racchiude una poetica universale dell’esistente e la sua tessitura fluviale arriva a comporre una partitura molto meno ubriaca di quel che può far immaginare il tubo non capito di una lettura appena incominciata.

Ulisse forse fu, è e per sempre sarà solo un romanzo.

 

JAMES JOYCE: KILLER OR BIG BANG?

04He killed it. No, he re-invented it. He’s the literature gravedigger. Absolutely not, he’s the leader of the contemporary literary Renaissance, the Big Bang of the modern narrative cosmology. Undeniable is that, after almost a century of misunderstanings, we still read and discuss on James Joyce’s Ulysses.

Writing the plot is a meaningless effort. It’s enough to stress that the story covers just one day (June 16th, 1904), taking place in just one precise part of the world (Dublin) whose inhabitants meet together doing nothing impressive and striking at all. They live their methodical and anonymous lives. Included the three characters to whom the author commites a link to Homer’s Odyssey: Leopold Bloom (Ulysses), his wife Molly (Penelope) e Stephen Dedalus (Telemachus).

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Marylin Monroe and the company of Ulysses

The most astounding point is that still nowadays, after limitless books released after Ulysses, the story of that sole day remains a arduous literary place. Having overpassed the classical method of telling a story from the A point to the Z one without leaving on the way the traditional stops is not a lesson absorbed yet by the human race.

Above all if we think about the fact that the next pace in this direction is still the Finnegan’s Wake by the same writer ant not, picking up at random a title of the contemporary age, Infinite Jest by D. F. Wallace. This reflection maybe can lead us to another point: there’s a third way on the effects of this book over the history of literature from 1922 up to 2016. Maybe these pages have not killed anything nor they’ve been the primordial explosion of something.

Maybe it remains an epic novel where the whole is in an unbelievable way more magnificent and superb of the parts it is made of. Maybe we should stay still astonished how he conceived in an unitary way what our brain lets us reach separately.

06Ulysses is a book which, even if at the beginning you don’t understand a jot, gets a flowing expository and mental writing (for example the unequalled episode of the funeral) while what really lacks are the clothes peg to hang it immediately to a before and an after. A narration fed up by visual jumps, nothing really lyric or evocative, but meticulous in an obsessive way in depicting human happenings with a music filled with a totally new expression.

Into just one day Joyce includes an universal poetry of the existing and his fluvial weaving composes a score really less drunk than the very first pages allow to imagine.

Maybe Ulysses was, is and forever will be just a novel.

 

 


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